Ecco il quesito nascosto nella votazione del M5s che lo trasforma definitivamente in un partito tradizionale


di Arnaldo Casali

Il mandato zero era un bluff, un mezzo di distrazione di massa, un’esca a cui abbiamo abboccato tutti.

Il gran polverone che ha sollevato serviva in realtà a coprire non solo il cambio di rotta sul Tav, ma anche e soprattutto una porcata ben più grave, nascosta tra i punti della nuova organizzazione del Movimento 5 Stelle messa ai voti oggi e domani: un punto “fantasma” sistemato come appendice del mandato zero, proprio come la più classica delle clausole dei contratti truffaldini.

Il paradosso è che la mail inviata oggi a tutti gli iscritti del Movimento parla di “5 quesiti”  da mettere ai voti, ma poi presenta solo 4 allegati.

Il quinto quesito, quello nascosto, di cui finora non si è fatto minimamente cenno, si trova infatti abilmente camuffato sotto quello riguardante il “mandato zero”, ed è la riforma più grave di quelle volute da Di Maio, che tradisce definitivamente l’identità del Movimento 5 Stelle trasformandolo in un partito tradizionale.

Recita così:

Per i consiglieri comunali che stanno svolgendo il mandato successivo al mandato zero, sarà possibile candidarsi ad altre cariche elettive durante lo svolgimento di questo mandato e sarà possibile interromperlo in caso di elezione. Per i consiglieri comunali di un gruppo di maggioranza è necessario che tutti gli altri consiglieri all’unanimità diano il consenso alla candidatura.

Il Movimento 5 Stelle sdogana quindi definitivamente la carriera politica a spese del servizio ai cittadini.

Ti candidi come consigliere comunale, e poi anziché occuparti del tuo comune usi quel piccolo potere che hai guadagnato per candidarti in Regione, o magari in parlamento. Non sei peraltro nemmeno obbligato a dimetterti preventivamente: se manchi l’elezione ti tieni comunque la poltrona che avevi.

Questo è quello che avviene regolarmente in tutti i partiti da sempre: sindaci che vanno a fare i deputati, senatori che vanno a fare i sindaci, consiglieri regionali che  si candidano come parlamentari europei e così via. Ma è qualcosa che va completamente contro il dna del Movimento 5 Stelle, dove concludere il proprio mandato è una forma di rispetto nei confronti degli elettori.

Vale la pena di ricordare come l’estremo rigore usato fino ad oggi sul vincolo dei due mandati e sul rifiuto di alleanze con liste civiche (altro punto al voto) ha fatto perdere al Movimento alcuni dei suoi amministratori migliori, a cominciare da Fucci, ex sindaco di Pomezia. E’ evidente, quindi, che queste innovazioni non vengono introdotte per salvaguardare le buone amministrazioni, ma solo per creare una classe dirigente pentastellata, una “casta” grillina che ha già perso ogni contatto con i cittadini.

Possiamo dire che l’ultimo pilastro del M5s è caduto. E vale la pena allora di riassumerli tutti, per capire come, il Movimento 5 Stelle, negli ultimi cinque anni si sia trasformato in un movimento di cittadini “geneticamente” estraneo al sistema politico, un partito tradizionale perfettamente integrato in quegli stessi schemi che fino a cinque anni fa ancora condannava.

  1. NO ALLEANZE E SPARTIZIONI DI POLTRONE

Il Movimento 5 Stelle rifiuta qualsiasi tipo di accordo politico; per questo non può che governare da solo. Ogni provvedimento viene votato nel merito – con la maggioranza o con l’opposizione -, per il bene dei cittadini e in coerenza con i propri valori.

Questo pilastro è venuto giù, con esiti catastrofici, con il cosiddetto “governo del cambiamento”, che è stato soprattutto un cambiamento di idee: il Movimento 5 Stelle ha fatto un’alleanza con la Lega, si è spartita con essa tutte le poltrone, ed è stato costretto ad andare contro tutti i suoi valori più sacri (dal caso Diciotti al Tav) pur di restare aggrappato a quelle poltrone.

2.  MERITOCRAZIA

Il Movimento 5 Stelle vuole mandare al potere i cittadini, non i politicanti, quindi non sceglie gli assessori tra i militanti ma tra le persone più competenti nel settore.

Con il passare del tempo, però, il Movimento ha finito per premiare sempre di più la fedeltà e il conformismo e sempre di meno la competenza e l’onestà, fino ad emarginare  tutti gli attivisti non allineati. Quando è arrivato al Governo come ministri non ha scelto le eccellenze, ma le figure più vicine a Di Maio: vedi Toninelli.

2. DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA

Se gli altri partiti sono gestiti dai leader e le decisioni vengono fatte da pochi oligarchi, nel Movimento 5 Stelle non ci sono capi: tutte le decisioni vengono prese dai cittadini e dagli iscritti. Quindi, primarie per i sindaci, per i consiglieri comunali e regionali, per il parlamentari nazionali ed europei e persino per il presidente della Repubblica.

Dopo l’ingresso in Parlamento, però, la democrazia partecipativa viene sostituita da ridicoli plebisciti e viene nominato un Capo Politico che decide tutto. Compresi i candidati di tutte le competizioni elettorali.

3. VINCOLO DEI DUE MANDATI

La politica non deve essere un lavoro ma un servizio. Quindi nessun portavoce del M5s può fare carriera politica, e nessun politico può pensare di riciclarsi nel Movimento: si possono svolgere solo due mandati in tutto, poi si torna al proprio lavoro e si aiuta il Movimento come attivisti.

Il vincolo dei due mandati viene messo in discussione già per gli attuali parlamentari, sostenendo che se il governo non si forma Di Maio & soci potranno candidarsi nuovamente. Poi viene ufficialmente abolito con l’introduzione del “mandato zero” per i consiglieri comunali. In pratica se si fanno due mandati come consigliere comunale, il primo non viene conteggiato. Il prossimo passo sarà, probabilmente, considerare “zero” anche un mandato parlamentare non completato (se si va ad elezioni anticipate, quindi, Di Maio potrà ricandidarsi).
Vedremo come verranno gestite altre situazioni che riguardano figure importanti del Movimento, come Andrea Liberati, leader del M5s in Umbria: attuale consigliere regionale, ha già svolto un mandato per un altro partito come consigliere comunale. Teoricamente, quindi, per lui il mandato zero non scatta, come non sarebbe scattato per Fucci.

4. VINCOLO DI MANDATO

L’altra regola che serve ad impedire che si possa usare il Movimento 5 Stelle per fare carriera politica, è l’impossibilità di candidarsi per una carica elettorale mentre si sta svolgendo un mandato elettivo. Se vieni eletto, insomma, è per fare un servizio ai cittadini, non per avere un trampolino di lancio verso altre poltrone. Se i cittadini ti hanno votato per fare il consigliere comunale, quindi, non puoi candidarti in parlamento, o in Regione o ad altro senza finire il tuo mandato di consigliere comunale.

Anche questa regola viene abolita: da oggi un politico grillino potrà farsi uno o due anni di consiglio comunale e poi veleggiare verso altri palazzi più remunerativi, fregandosene dei cittadini che gli hanno dato fiducia e che, teoricamente, dovrebbero essere i suoi datori di lavoro.

Insomma, in poco più di cinque anni siamo passati dall’uno vale uno all’uno vale tutti e dai portavoce che devono rendere conto agli elettori di tutto ciò che fanno al “io so’ io, e voi non siete un cazzo”.

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