NUREYEV

Terza prova registica di Ralph Fiennes, Nureyev è – in ogni senso – l’altra faccia di Bohemian Rhapsody. Non solo e non tanto perché i protagonisti dei due film, entrambi morti di Aids all’inizio degli anni ’90, sono stati per lungo tempo amanti, ma sopratutto perché la biografia del più grande ballerino della storia sta alla musica classica proprio come quella del cantante dei Queen sta alla musica pop.

Tanto è sontuoso, colorato, barocco e lineare il film di Bryan Singer (che non a caso viene dai supereroi) tanto sobrio, lento, complesso quello di Fiennes (che non a caso viene da Shakespeare).

A volte persino difficile da seguire per i frequenti cambi temporali non sempre chiarissimi, Nureyev è faticoso e bello da vedere quanto faticoso e bello è danzare. Proprio la pesantezza del mostrare leggerezza trasmette il film, che impone quasi due ore di introspezione per regalare solo negli ultimi minuti un po’ di brivido, quando Rudolf – in aeroporto – cerca di fuggire dagli agenti del Kgb che vogliono riportarlo in Unione Sovietica chiedendo asilo politico in Francia.

Certo un film inglese ambientato per metà in Francia e per metà in Russia è qualcosa di abbastanza insolito e anche se Fiennes ce la mette tutta per essere filologico (la maggior parte del cast è composto da attori russi, francesi e belgi) e lui stesso è credibilissimo nel ruolo (alquanto squallidino) del maestro di danza russo, qualche caduta di stile, qua e là fa capolino, come la cartina geografica in inglese negli uffici della polizia di Parigi.

Se c’è qualcosa di perfetto in questo film, però, è il protagonista: a interpretare magistralmente Rudolf Nureyev è il ballerino ventiduenne Oleg Ivenko, che è semplicemente identico al suo personaggio e, ovviamente, propone numerosi e incantevoli assoli degni del suo modello.

D’altra parte anche Nureyev, come Ivenko, era un ballerino prestato al cinema, e come l’attore che lo interpreta, ha – a sua volta – interpretato come attore un grande mito della storia dello spettacolo: nel 1977 è stato infatti il protagonista di Valentino di Ken Russell, dove vestiva i panni del più celebre divo del cinema muto: il suo omonimo Rodolfo Valentino.

Piccola curiosità: dopo 25 anni si ricostituisce, in Nureyev, la coppia di attori protagonisti di Schindler’s List di Steven Spielberg, anche se con vesti diverse: se Ralph Fiennes è regista e interprete del film, infatti, Liam Neeson ne è produttore esecutivo.

P.S.

L’importanza di Nureyev è dovuta, oltre che alla sua abilità, anche al fatto di aver rivoluzionato la danza classica, accrescendo l’importanza dei ruoli maschili, che a partire dalle sue produzioni vennero sviluppati con maggiore considerazione per la coreografia rispetto alle produzioni precedenti.

Insomma prima di lui la danza era considerata una disciplina per donne, un po’ come ancora oggi il calcio viene considerato uno sport da uomini. Chissà, se si dessero alle calciatrici le stesse possibilità che sono state date ai ballerini, forse avremmo una Pelé o una Maradona al femminile.

 

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