I sommersi e i Salvini

di Arnaldo Casali

La sinistra accusa gli italiani di essere un popolo di merda, come d’abitudine ogni volta che perde le elezioni.

I commenti al trionfo della Lega alle europee sono tutto uno stracciarsi le vesti, insultare gli elettori, spiegare che chi vota la Lega è un ignorante, non ha nemmeno la terza media e così via con la necessità di fuggire all’estero o abolire il suffragio universale.

Così era, d’altra parte, quando vinceva Berlusconi e quando ha vinto il Movimento 5 Stelle.

L’autocritica non è contemplata e la colpa è sempre di qualcuno altro: per il Pd è del Movimento 5 Stelle, per il Movimento 5 Stelle è del Pd. Certo che se anziché dare sfogo alle proprie frustrazioni si cercasse di capire perché Salvini ha tanto successo, magari si potrebbe anche pensare ad un argine per frenare questa valanga.

Indubbiamente non può esserci un unico motivo se un partito che fino a pochi anni fa nel centro e sud Italia nemmeno esisteva ora domina tutta la penisola.

Per cominciare, dobbiamo prendere atto che il mondo intero si sta spostando verso una destra autoritaria e reazionaria, dagli Stati Uniti al Brasile alla Polonia.

Salvini, come direbbe Guzzanti, non è di destra né di sinistra: si è liberato un posto a destra e si è buttato lì. Ha capito che il mondo va in quella direzione, e si è messo a fare il fascista. Negli anni ’90, quando essere di sinistra andava ancora di moda, Salvini era comunista. Salvini è pagano e cattolico, libertario e reazionario, padano e nazionalista: Salvini è tutto ciò che porta voti.

Gli va riconosciuta una straordinaria capacità di capire da che parte tira il vento e di lanciarsi in quella direzione meglio di chiunque altro. Resta da capire, una volta che avrà raggiunto davvero il potere, cosa intenda farne. Perché per ora Salvini fa solo campagna elettorale: tutti i suoi atti politici hanno l’obiettivo di creare consenso e cavalcarlo, non a caso Salvini è ovunque tranne che in ufficio.

Quello che i nemici di Salvini non riescono ad accettare, è di essere la principale causa del suo successo. Perché il fenomeno Salvini si nutre principalmente di antisalvinismo, più ancora di quanto Berlusconi si nutrisse di antiberlusconismo; ma questo la sinistra non l’ha mai capito e a questo punto non credo che lo capirà mai.

Non dimentichiamoci che Berlusconi aveva tre televisioni, un quotidiano, un settimanale ed era presidente del Consiglio, mentre Salvini è solo un ministro e un capo di partito e ha contro la maggior parte dei mezzi di comunicazione. Contro si fa per dire: perché è evidente che trasformare una persona nel protagonista assoluto della vita politica italiana significa aiutare la sua campagna elettorale. Regalare tutta questa visibilità ad un personaggio che ostenta molto più potere di quanto non ne detenga, serve solo ed esclusivamente ad aiutarlo.

D’altra parte quando i “poter forti” ti prendono di petto, il popolo solidarizza subito.

Se si vuole combattere davvero Salvini l’unica cosa da fare sarebbe ignorarlo. Ma questo i benpensanti della sinistra non riescono ad accettarlo, anche perché se gli togliessi Salvini non avrebbero più niente da dire.

Se taci sei complice, ti dicono. Ma taci rispetto a cosa? Rispetto alle lesbiche che si fanno i selfie con lui per fargli dispetto?

Ci rendiamo conto di quanti articoli idioti e post virali sono stati pubblicati su Matteo Salvini nell’ultimo anno? Roba che non aveva alcun senso, se non quello di farlo stare costantemente al centro dell’attenzione.

Insultare Salvini è un regalo che gli viene fatto. Anche perché – e questa è un’altra lezione che la sinistra non ha ancora imparato – lui è molto più bravo ad insultare, quindi se scendi al suo livello ti fregherà sempre.

La verità è che il complesso di superiorità morale che la sinistra ha sempre ostentato oggi non trova giustificazione non solo nel modo di governare, ma nemmeno nel modo di dialogare. Sono anni che dai militanti del PD non sento che insulti e disprezzo nei confronti di chi la pensa diversamente. Ma su questo campo Salvini gioca in casa, e non lo batti.

D’altra parte il militante piddino, proprio a causa del suo complesso di superiorità, non è minimamente sfiorato dall’idea che aver governato per anni lottizzando, intrallazzando, rubando, raccomandando, colonizzando possa aver disgustato gli elettori e che magari se sono fuggiti altrove è perché non hanno trovato alternative credibili.

Quanto a Luigi Di Maio, se avesse un briciolo di dignità uscirebbe allo scoperto, ammetterebbe i propri errori, chiederebbe scusa agli elettori per aver distrutto la più grande utopia politica del secolo, e si andrebbe a nascondere da qualche parte scomparendo dalla scena pubblica.

Ma se Di Maio avesse un briciolo di dignità o di autentica intelligenza politica, non saremmo arrivati a questo punto.

Di Maio è il tipo che ha ricevuto un messaggio con scritto: “Hai vinto un premio esclusivo! Scopri come ritirarlo!”, ha cliccato sopra e si è fatto svuotare il conto in banca.

Per farsi i selfie in ministero in dieci mesi ha raso al suolo il progetto politico che Beppe Grillo aveva costruito in vent’anni.

L’ansia della poltrona – non del potere vero, badate bene, ma di quel tanto che serve a farsi chiamare ministro ed ad essere invitato nei salotti televisivi – lo ha fatto fregare in tutti i modi in cui un politico può farsi fregare dall’avversario più furbo.

Il Movimento 5 Stelle era il primo partito italiano e in un anno è diventato il terzo scambiandosi letteralmente i voti con la Lega. Un miracolo avvenuto grazie alla lungimirante strategia politica del “leader”: un anno fa il nemico che incarnava il peggio della politica di Prima e Seconda Repubblica si è trasformato all’improvviso nell’amichetto del cuore, subito dopo è diventato il padrone dietro cui scodinzolare per dieci mesi, lasciando che metà degli elettori del Movimento 5 Stelle se ne andassero, o tornando al Pd  – disgustati dalla sudditanza nei confronti di Salvini – o spostandosi sulla stessa Lega, perché come diceva san Francesco è meglio andare dietro al padrone che al servo.

Pur di tenere in piedi il governo, è arrivato a svendere i valori fondamentali del M5s, salvando Salvini dal processo, salvo poi, in vista delle elezioni, ringalluzzirsi e iniziare ad attaccare quotidianamente il proprio alleato nel disperato e patetico tentativo di recuperare un po’ di consenso. Il problema è che la voce grossa di Di Maio con Salvini è tanto credibile quanto la sua fidanzata (ormai se la gioca con Pamela Prati) e l’immagine che ha dato è stata piuttosto quella di un bambino dispettoso che cerca in ogni modo un po’ di attenzione.

Ora la cosa più saggia che potrebbero fare Pd e Movimento 5 Stelle, sarebbe far cadere il governo e farne uno nuovo insieme, cercando di combinare qualcosa di buono. Ma servirebbero massicce dosi di umiltà e di autentico amore per questo paese. Doti che, in questo momento, mi sembra che manchino da entrambe le parti.

Quindi, presumibilmente, il Pd continuerà a fare opposizione limitandosi a parlare male di Salvini, e Di Maio continuerà a lavorare “a testa bassa” confidando nella magnanimità del Padrone, cosciente che se oserà rialzarla di nuovo la sua esperienza politica sarà finita.

Salvini, da parte sua, continuerà la sua campagna elettorale permanente in attesa di agguantare il Potere Assoluto. E quando finalmente lo avrà, a quel punto dovrà porsi il problema di cosa farne.

 

 

 

 

 

 

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