Uno vale almeno 110mila euro

di Arnaldo Casali

A che giova a un uomo guadagnare il mondo intero se perde sé stesso? Diceva Gesù Cristo.

E a che giova a un Movimento politico guadagnare il governo della Capitale e del Paese se perde la sua anima, i suoi valori, le ragioni stesse per cui è nato?

L’arresto del presidente del Consiglio Comunale di Roma ha scatenato reazioni scomposte ovunque: tra i Rancorosi Sconfitti che non sanno fare altro che godere della disgrazia, e gli esponenti del Movimento 5 Stelle allo sbando, divisi tra chi – come il Capo politico – violando qualsiasi regola si è affrettato a cacciare immediatamente la “mela marcia” cercando di far passare l’idea (con sommo sprezzo del ridicolo) che De Vito sia un elemento completamente estraneo al Sistema che gli aveva assegnato quella poltrona, e altri attivisti che, al contrario, si sono lanciati in un attacco alla magistratura difendendo ad oltranza l’indagato.

In tutto ciò, al povero cittadino che si era fidato del Movimento 5 Stelle non resta che l’idea, alquanto qualunquista ma tristemente vera, che sei onesto e idealista finché non arrivi al potere, e poi cominci a rubare come tutti gli altri.

Io, invece, mi rifiuto di pensare questo. No, non sono tutti uguali: Berlusconi al potere c’è arrivato che corrotto lo era già da un pezzo ed è sceso in politica proprio per difendere i suoi interessi; quanto alla sinistra, anche nella sua espressione più pura, il potere lo ha inseguito per imporre a tutti la sua visione della società e non per mettersi a servizio dei cittadini.

Io continuo a rivendicare, quindi, una differenza genetica del Movimento 5 Stelle rispetto alle altre forze politiche. Per questo, lo ribadisco ancora una volta, io non sono un pentito, e continuo a pensare che il Movimento abbia rappresentato una grande speranza per questo Paese. Una speranza tradita, è vero. Ma occorre capire il perché senza fare i qualunquisti.

Quando è nato, il Movimento 5 Stelle aveva davvero radunato attorno a sé le risorse migliori del paese. Se siamo passati da Gino Strada a Matteo Salvini, da Adriano Celentano a Gianluigi Paragone, da Dario Fo a Lino Banfi un motivo c’è, e vale la pena di spiegarlo.

Ricordo che quando sono nate le liste civiche a 5 stelle e i V-Day e si cominciava a parlare di un partito, Beppe Grillo dichiarò espressamente che non ci sarebbe mai nata una lista civica nazionale.

Grillo che è una persona intelligentissima e ha un carisma davvero profetico, aveva già capito che trasformarsi da attivisti civici in partito politico avrebbe distrutto quel bellissimo movimento. Il Movimento era nato civico, non ideologico, e doveva restare un servizio al territorio.

Il problema è che rifiutare il respiro nazionale significava, di fatto, disperdere un patrimonio enorme, e Grillo si arrese. Così, come si è arreso adesso, limitandosi a fare satira sul potere che lui stesso ha creato, anziché cacciare a calci nel culo Di Maio e tutta l’allegra brigata che sta distruggendo la sua meravigliosa creatura.

Pensateci: un movimento che nasce come federazione di liste civiche e associazioni cittadine, che oggi ammette candidamente che il suo problema principale è il non avere un legame con i territori!

Chiedetevi perché a Parma o a Pomezia il Movimento – a detta di tutti – ha governato benissimo e i suoi sindaci non hanno mai avuto i problemi di Virginia Raggi, eppure entrambi quei sindaci sono stati cacciati dal M5s senza aver fatto nulla di male.

Il voto sulla Diciotti e l’arresto di De Vito sono solo il naturale approdo di una deriva iniziata con l’ingresso in parlamento nel 2013. Ingresso che ha visto anche, guarda caso, l’ascesa dell’astro Di Maio.

La degenerazione del M5s è iniziata nel momento in cui il fine ha cominciato a giustificare i mezzi, la strategia ha avuto la meglio sulla testimonianza e la denuncia, la fedeltà sulla competenza e la vicinanza al caporale di turno è diventata più importante dell’onestà.

E questo momento ha coinciso, più o meno, con le regionali del 2015.

Fino a quel momento si facevano le primarie, primarie aperte a tutti i cittadini, nei Meet Up non c’erano capi o capetti ma davvero uno valeva uno: non eravamo un partito, non eravamo una casta, eravamo cittadini punto e basta: la democrazia partecipativa era qualcosa di reale (basti pensare alla Quirinarie) e il famigerato “staff” si limitava a certificare le liste civiche e a dare il suo bollino di qualità, non certo a selezionare la classe dirigente.

Con l’ingresso in Parlamento è cambiato tutto, ed è iniziata una deriva che – a livello interno – ha raggiunto l’abisso ben prima di approdare al Governo.

Non è un caso né una disgrazia se si è passati dal rifiutare – da minoranza – qualsiasi accordo con il Pd al sottomettersi – da maggioranza – alla Lega fino ad arrivare a livelli di umiliazione inimmaginabili.

In realtà già la scelta stessa di Di Maio come candidato premier aveva rinnegato completamente il concetto di democrazia partecipativa, la cacciata di Pizzarotti si era svolta con modalità da cosca mafiosa (a nessuno sono mai state date spiegazioni: tutto ciò che sappiamo è che il sindaco di Parma stava sul culo al famigerato consigliere comunale di Bologna che da anni fa il bello e il cattivo tempo nel M5s); quanto al territorio, particolarmente emblematico è stato il caso di Terni: nel 2014 la candidata a sindaco Angelica Trenta era stata scelta tramite primarie aperte a tutti i cittadini e nella lista erano stati accolti tutti i coloro che si erano messi a disposizione e che rispondevano ai requisiti (fedina penale pulita, non più di un mandato svolto ecc. ecc.), nel 2018 il candidato a sindaco Thomas De Luca è stato scelto (non si sa bene da chi) senza alcun tipo di consultazione e ha scelto personalmente tutti i candidati.

Non c’è dunque assolutamente nulla da stupirsi in tutto quello che sta succedendo: è ovvio che se l’ortodossia diventa prioritaria rispetto all’onestà, puoi ritrovarti dirigenti ladri; ed è ovvio che se un ministro non lo scegli in base alle competenze ma in base alla vicinanza al Capo, ti ritrovi gente come Toninelli.

Ed è altrettanto ovvio che se sei disposto a rinunciare a qualsiasi sacro principio pur di andare e restare al governo, finisci pure per fare il maggiordomo a Salvini.

La naturale conseguenza di questa linea politica è che perdi tutte quelle intelligenze oneste e competenti con cui avevi creato il Movimento dieci anni fa, e per continuare a galleggiare devi puntare su analfabeti funzionali, webeti, no vax, terrapiattisti, razzisti e idioti di ogni sorta.

Così il cerchio si chiude: il Movimento che è nato per cambiare il mondo con le migliori intelligenze, oggi per restare al potere deve investire sulle peggiori idiozie.

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