Il Gorbaciov italiano e il futuro governo

di Arnaldo Casali

Non ho mai nascosto la mia simpatia per Matteo Renzi.  Lo dico senza ironia: per me è il Gorbaciov italiano. Voleva rottamare una classe dirigente, ma la situazione gli è sfuggita di mano e ha rottamato un intero partito e una storia politica lunga più di ottant’anni, riuscendo anche là dove Mussolini aveva fallito.

Ma lo dico senza ironia, perché la sua – a mio avviso – resta un’azione benemerita.

Non è colpa di Renzi se il PD è finito. E’ colpa del PD: un partito geneticamente fasullo e marcio dentro, votato all’autodistruzione perché ormai vuoto di idee e pieno solo di presunzione, di clientele e di complessi di superiorità.

Avrà le sue colpe, il buon Matteo, non lo nego: il cerchio magico del Giglio, la megalomania, il delirio di onnipotenza, ma i suoi nemici interni al partito sono assai più responsabili di lui del disastro.

Sono D’Alema, Fassino e Bersani ad aver affossato quella storia politica, ad aver avviato un partito nato senza anima ma per puri calcoli  elettorali, verso un inarrestabile declino. Sono sempre loro  poi – una volta perso definitivamente il potere – che si sono impegnati a distruggere quel che restava del Partito, come il classico marito che si martella i testicoli per fare dispetto alla moglie.

L’unica vera “colpa” di Renzi, a mio avviso, è essere arrivato troppo tardi, quando il Paese aveva già trovato il suo antidoto nel Movimento 5 Stelle, quando il disgusto verso l’arroganza dei post-comunisti ormai totalmente vuota di ideali e responsabile di infiniti disastri nella penisola, aveva orientato gli animi verso una destra razzista e xenofoba.

Io l’ho detto e lo ripeto senza problemi: per me il governo Renzi è stato il migliore degli ultimi anni, se non altro perché è stato l’unico governo di centro sinistra che ha governato davvero, che si è assunto la responsabilità delle proprie scelte e anche delle proprie sconfitte. Prima dell’arrivo di Renzi, tutto ciò che il centro sinistra ha saputo fare è stato sputtanare Berlusconi, spartirsi poltrone e strapuntini, allontanarsi sempre di più dal popolo italiano, mantenere clientele, irridere Grillo, insultare gli italiani ogni volta che perdeva e cancellare sistematicamente ogni voce  non dico autonoma ma anche solo minimamente assennata che veniva dalle nuove leve: la parola d’ordine per i giovani del PD che per dieci anni hanno provato a portare una ventata nuova era “Magna e zitto”. Ovvero, ti trovo lavoro, ma tu togliti dai piedi.

A Terni, città oggi commissariata dopo un decennio che ha visto la peggiore amministrazione della sua storia finire in manette, i gerarchi del Partito Democratico si sono sempre ben guardati dal candidare anche solo in consiglio comunale, le sue leve migliori: appena veniva fuori un ragazzo che dimostrava un minimo di personalità o di senso del giudizio, lo spedivano a fare l’assistente di qualcuno o gli assicuravano la pagnotta in qualche ente pubblico. Mai nessuno di loro ha fatto la minima carriera, e il renzismo – per la cronaca – a Terni non c’è mai arrivato perché i vecchi gerarchi sono riusciti a tenere in mano il potere fino all’ultimo. E, presumibilmente, ora hanno fatto silenziosamente campagna elettorale per il candidato di centro destra, come immagino sia accaduto in tutti i territori dove il renzismo non ha mai attecchito, e il partito – pur di liberarsene – ha preferito votarsi all’autodistruzione.

D’altra parte nello spot (peraltro molto bello) di Renzi c’era già questo risultato: ma se il tuo obiettivo elettorale anziché offrire agli elettori degli altri un sogno, un progetto, una prospettiva è convincere i tuoi vecchi, ormai disgustati, a restarti fedeli, cosa puoi aspettarti?

Cinque anni fa Bersani aveva “non vinto” e cercato di estorcere in ogni modo al Movimento 5 Stelle il sostegno al suo governo, con quell’arroganza tipica del post-comunista. Oggi Matteo Renzi perde, e con dignità si prepara a passare all’opposizione.

Per il resto, che il Movimento 5 Stelle sia il primo partito italiano , è la cosa più normale di questo mondo.  E il calo dell’astensionismo non permette a nessuno – stavolta – di dire che è un voto di protesta. No, non è più un voto di protesta: è un cambio epocale. E nonostante tutti i tentativi di indirizzare la campagna elettorale sui concetti di fascismo e antifascismo, il popolo italiano non è caduto nel tranello: è finita definitivamente l’epoca della destra e della sinistra. Come ha detto Luigi Di Maio, è iniziata la Terza Repubblica.

Certo, il grande successo della Lega è inquietante, sì, e non è assimilabile a quello del Movimento cinque stelle.

Il partito di Beppe Grillo è un movimento politico che ha basato il suo successo sul concetto di cittadinanza, sulla democrazia partecipativa, sull’ambiente, mentre la Lega lo ha basato tutto sul razzismo,  la xenofobia e la paura del diverso.

Certo è che cinque anni fa quello per il M5S era il “voto di protesta” e il PD era il primo partito del paese: oggi il M5s è il primo partito del paese e prende quasi il doppio dei voti del PD, diventato il partito dei rassegnati.

Nel 2013 Movimento 5 Stelle e PD hanno pareggiato, eppure Bersani pretendeva un appoggio grillino ad un governo a guida PD e per cinque anni ai Cinque Stelle è stata rinfacciata la responsabilità del governo – a guida PD – appoggiato dal centro destra.

Oggi il MoVimento 5 Stelle ha preso il doppio dei voti del PD. Se a Renzi sono rimasti un minimo di coerenza e di senso della responsabilità, dovrà  cercare di formare un governo a guida Cinque Stelle per non consegnare il Paese nelle mani della destra razzista e xenofoba.

Eppure lo sdegnoso rifiuto – condito da insulti – degli esponenti del PD di confrontarsi con Di Maio, purtroppo non solo condanna il paese ad un governo leghista, ma – ed è la cosa più grave – non riesce, nelle argomentazioni, ad andare oltre la ripicca.

Il MoVimento 5 Stelle, che per sua natura non può fare alleanze, per il bene del paese è disposto a confrontarsi con tutte le forze politiche. Il PD, che ha governato con cani e porci e ha rinfacciato per 5 anni al M5s di non aver governato con lui, adesso rifiuta qualsiasi dialogo.

Va ricordato che le condizioni, rispetto al 2013, sono molto cambiate.
Nel 2013 M5S e PD hanno pareggiato. Nonostante questo Bersani pretendeva di dettare lui l’agenda e incassare l’appoggio dei Cinque Stelle. L’accordo proposto da Bersani andava completamente contro uno dei principi base del Movimento: e cioè che non si fanno alleanze per spartirsi le poltrone. Bersani avrebbe voluto fare con i grillini quello che il PD ha sempre fatto: concedergli qualche ministero in cambio dell’appoggio al governo, e questo è inaccettabile.
Quest’anno il M5s ha preso il doppio dei voti del PD, quindi in un’ipotetico accordo, ha maggiore potere contrattuale e può quindi pensare ad un governo fatto con il PD senza necessariamente dover scendere a compromessi etici.
Se al PD interessasse il bene del paese, e non il proprio interesse di Partito, perché dovrebbe avere problemi ad appoggiare un governo tecnico concordato con Di Maio?
E’ contro i principi del Movimento 5 Stelle Terni fare gli accordi sottobanco: io ti do un ministero, tu appoggi il mio governo anche se faccio le porcate. Evidentemente, è contro i principi del Partito Democratico scegliere insieme dei ministri competenti e votare un programma condiviso, se non si possono fare le porcate.

Una curiosa parabola, quella di questi due partiti: il Movimento 5 Stelle è stato fondato da un comico, ha iniziato gridando Vaffanculo, e ora è guidato da un politico fin troppo serio e diplomatico; il PD cinque anni è stato fondato da politici fin troppo seri e ingessati e adesso è guidato da uno che si è messo a fare il comico.  Una cosa che gli è riuscita, peraltro, molto bene. E anche in questo caso lo dico in senso buono: è arrivato persino a fare le imitazioni e a proiettare video divertenti durante i comizi. Eppure non ha avuto abbastanza lungimiranza da capire che non era quello il modo per vincere: e così, mentre Renzi si grillizzava sempre di più, Grillo di AldoMorizzava.

Resta il fatto che Matteo Renzi è stato un fenomeno politico unico nel suo genere, in Italia. Capace di far fuori tutta quella gerarchia post-comunista che aveva reso il Pd così odioso e inventandosi un modo nuovo di fare politica: è stato capace di  governare e anche di perdere. Perché i discorsi di Matteo Renzi da sconfitto, fino ad oggi, erano stati pieni di dignità, di rispetto per le istituzioni, di scaltrezza politica. Peccato che abbia scelto una fine così ingloriosa, dicendo, in sostanza: “Muoia Renzi con tutti i grillini, i piddini e i cittadini”.

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