Pur di attaccare il papa “Libero” riscrive le Fonti Francescane

di Arnaldo Casali

strumentalizzare o falsificare la storia o la religione per fini politici non è mai una buona pratica, tanto meno lo è mistificarla accusando altri di farlo.

Francesco d’Assisi è già abbastanza tirato per la tonaca da ecologisti e anti-ecologisti, conventuali e rivoluzionari, nazionalisti e fricchettoni, pacifisti e guerrafondai, e la sua memoria non merita di essere ulteriormente violentata.

Andrea Cionci su Libero, commentando le dimissioni dei cardinali Sarah e Comastri, per attaccare papa Francesco e l’enciclica “Fratelli tutti” – accusa il pontefice più francescano della storia di aver tagliato  dalle Fonti la frase del Santo: “I saraceni devono battezzarsi, farsi cristiani”.  “Una vera mistificazione – commenta Cionci – dato che il Poverello di Assisi era andato a convertire il sultano e a cercare il martirio, non certo a “dialogare”.

Ecco, da storico francescanista mi farebbe piacere sapere da quale passo delle Fonti Francescane l’autore ha tratto questo passaggio, visto che non risulta che Francesco abbia mai detto una cosa del genere. Quello che ha invece non solo detto ma fatto mettere per iscritto, è che i frati che vanno tra i Saraceni “Non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani”. Così recita infatti il capitolo XVI della Regola non bollata.

Che Francesco sia andato a convertire il sultano e a cercare il martirio, e non a “dialogare” è vero: quello che Cionci dimentica – però – è che è esattamente quello che poi ha fatto. Francesco non si è fatto uccidere e non ha convertito il Sultano: invece ha dialogato, si è lasciato in qualche modo “convertire” dall’incontro con il Sultano, gettando le basi per il dialogo interreligioso.

Francesco è stato infatti il primo cristiano a rapportarsi pacificamente con l’Islam in un’epoca in cui la Chiesa promuoveva la Guerra santa contro il nemico islamico, perché chi uccide un musulmano – secondo le parole di san Bernardo di Clairvaux – “non commette omicidio ma malicidio, e può essere considerato il carnefice autorizzato di Cristo contro i malvagi”.

Francesco incontra disarmato il Sultano, si ferma a parlare con lui, accetta dei doni (oggi custoditi della Basilica di Assisi) e tornato in Italia adatta la più celebre preghiera islamica – “I 99 nomi di Allah” – facendone uno dei suo capolavori poetici: Le lodi di Dio altissimo. Un incredibile esempio, dunque, di preghiera comune, che anticipa di oltre settecento anni l’incontro di Assisi voluto da Giovanni Paolo II nel 1986.

Giacomo da Vitry, testimone oculare dell’evento, scriverà che proprio grazie all’atteggiamento dialogante e pacifico del fondatore, “ora i saraceni ascoltano volentieri i frati minori quando predicano la fede in Gesù Cristo e l’insegnamento del Vangelo”. Rapportarsi pacificamente con le altre religioni, quindi, non significa certo rinnegare la propria ma – al contrario – rafforzare la testimonianza di fede.

Lo storico Marco Bartoli, tra i più importanti francescanisti italiani scrive che “L’incontro è stato percepito come straordinario dai contemporanei e i due protagonisti erano uomini, per ragioni diverse, propensi alla pace”.

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