Perché Twin Peaks è la nemesi di Star Wars

di Arnaldo Casali

Esattamente 30 dopo abbiamo finito di rivedere tutto Twin Peaks. L’abbiamo fatto in due mesi di visioni quasi quotidiane.

Si lo so, me l’ha detto Laura: sono arrivato in ritardo come al solito. Avevamo detto 25 anni.

Vedere tutto insieme: le tre serie televisive (1990 e 1991, ma in Italia andò in onda tutto nel ’91) e i film del 1993, è la dimostrazione di come si possano utilizzare gli stessi personaggi, le stesse ambientazioni e le stesse musiche per realizzare quattro opere completamente diverse tra loro.

Un caso unico, direi. Di solito una saga – o in generale un seguito – più che i personaggi riprende le atmosfere, lo stile, le dinamiche. I personaggi possono anche cambiare completamente, basti pensare a Lo Squalo o a Vacanze di Natale ma sono lo stile, le dinamiche, le atmosfere che devono riprodurre le caratteristiche del prototipo.

Sotto questo profilo, Twin Peaks è la nemesi di Star Wars: La Lucasfilm ha costruito in quarant’anni un’unica saga con personaggi, attori e autori diversi.

David Lynch, invece, ha usato gli stessi personaggi per costruire opere totalmente diverse e  malamente connesse tra loro nonostante – colmo del paradosso –  ognuna si conclude con un cliffhanger restando volutamente in sospeso.

Di fatto la prima serie è un giallo con venature di mistero, la seconda è una soap opera demoniaca mentre la terza è puro cinema surrealista in diciotto episodi. Il film ha invece un carattere poco definito: un po’ horror, un po’ fantascienza, un po’ thriller erotico-morboso.

Certo, anche da fan di Lynch, prima di vedere la terza serie bisogna prepararsi psicologicamente, perché se cerchi di inseguire un filo logico può essere molto disturbante. Ma se ti lasci andare è fantastico perché in qualsiasi momento può accadere qualsiasi cosa.

E’ molto più “spinta” – sotto questo profilo – delle altre due, perché nel frattempo è cambiato il modo di fare televisione. Più difficile, più assurda, ma anche più bella, perché l’originale – comunque – doveva rispettare gli standard della televisione generalista degli anni ‘90, mentre nella terza Lynch ha avuto libertà creativa assoluta.

Non a caso mentre nel 1990-1991 aveva prodotto tutte le puntate ma ne aveva dirette personalmente pochissime, l’intera terza serie è scritta e diretta da lui. E si vede.

Riguardo a quello che dicevo prima, un caso esemplare è il personaggio di Dale Cooper. Se alcune figure, come Lucy e Gordon, rimangono “stabili” per tutta la saga, altre si trasformano completamente.

Cooper nella prima serie è uno Sherlock Holmes dai metodi bizzarri, nella seconda diventa un cucciolone innamorato molto naif, nella terza addirittura si sdoppia in due e da una parte è un criminale indemoniato e dall’altra un neonato nel corpo di un cinquantenne. L’interpretazione di Kyle MacLachlan, di conseguenza, in questa nuova serie è infinitamente superiore a quella originaria.

Certo, se Star Wars ti accarezza e ti coccola fino a diventare stucchevole come una fidanzata fin troppo affettuosa e premurosa, Twin Peaks ti lascia sempre insoddisfatto. Io – a distanza di trent’anni – ho continuato ad incazzarmi e ad inveire contro David Lynch alla fine dell’ultima puntata, ripetendo: “Non lo guarderò mai più!”.

Però poi non posso resistere. Lynch è come una donna matta e capricciosa che ti seduce e ti fa impazzire, in ogni senso.

Se ci pensi, Twin Peaks non solo è un giallo dove l’assassino non si scopre alla fine dell’episodio ma a metà della seconda serie, ma è un giallo dove l’antagonista assume ogni volta forme completamente diverse.

Nella prima serie è un misterioso assassino. Nella prima parte della seconda serie e nel film è un demonio. Nella seconda parte della seconda serie è il più classico serial killer psicopatico. Nella terza serie è niente meno che L’Inferno.

 

 

 

 

 


TWIN PEAKS 30 ANNI DOPO

 

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