Papa Francesco risponde alle polemiche del governo ucraino citando Dostoevskij

di Arnaldo Casali 

Alle proteste dell’amabasciata ucraina per la scelta di far portare la croce, il Venerdì Santo, da una famiglia russa e una famiglia ucraina insieme, papa Francesco risponde citando Dostoevskiij.

Non una provocazione, ma un modo per ricordare che cos’è il cristianesimo, a chi vorrebbe metterlo da parte per imbracciare le armi e legittimare una deriva razzista e xenofoba della guerra in Ucraina.

La russofobia, da deriva stupida e stigmatizzata dai media, sta infatti ora istituzionalizzandosi. Non si tratta più (come era nel caso della soppressione del corso su Dostoevskiij da parte di un’università italiana) di iniziative sporadiche, ma di una vera e propria linea messa in atto dal governo di Kiev, che nei giorni scrosi è arrivato a bloccare lo spettacolo Il Lago dei cigni del corpo di ballo dell’Opera Nazionale Ucraina perché l’autore – Čajkovskij – è russo.

Proprio per scongiurare la deriva di un conflitto politico nell’odio tra popoli, papa Francesco ha promosso un gesto dall’alto valore simbolico: il Venerdì Santo, nella tredicesima stazione della Via Crucis, a portare la croce saranno una famiglia ucraina e una famiglia russa.

“Ci svegliamo al mattino e per qualche secondo siamo felici – recita il testo della meditazione – ma poi ci ricordiamo subito quanto sarà difficile riconciliarci. Signore dove sei? Parla nel silenzio della morte e della divisione ed insegnaci a fare pace, ad essere fratelli e sorelle, a ricostruire ciò che le bombe avrebbero voluto annientare”.

L’annuncio ha sollevato subito le proteste formali dell’ambasciata ucraina: “L’Ambasciata ucraina presso la Santa Sede – ha dichiarato l’ambasciatore Andrii Yurash – capisce e condivide la preoccupazione generale in Ucraina e in molte altre comunità sull’idea di mettere insieme le donne ucraine e russe nel portare la Croce durante la Via Crucis di venerdì al Colosseo. Ora stiamo lavorando sulla questione cercando di spiegare le difficoltà della sua realizzazione e le possibili conseguenze”.

Al coro di proteste papa Francesco ha risposto il giorno dopo nel corso dell’udienza generale del mercoledì santo, citando proprio il censurato Dostoevskiij, e la leggenda del Grande Inquisitore, che accusa Gesù di non aver rifiutato il potere con cui avrebbe potuto instaturare giustizia e pace nel mondo.

“Al suo ritorno Cristo viene accusato di non aver stabilito la pace piegando il cuore dlel’uomo in forza di un volere superiore”.

Papa Francesco condanna ancora una volta “l’aggresione armata di questi giorni che, come ogni guerra, rappresenta un oltraggio a Dio”.

Il messaggio è molto chiaro, però, anche per il governo ucraino, che ha ormai sostituito da tempo la parola “pace” con “vittoria” e che rifiuta di vedere insieme una famiglia ucraina e una russa.

“L’inganno si ripete nella storia: la tentazione di una pace falsa, basata sul potere che poi conduce all’odio e al tradimento di Dio e a tanta amarezza nell’anima. La pace di Gesù non è mai una pace armata: le armi del Vangelo sono la preghiera, la tenerezza, il perdono, l’amore gratuito per il prossimo. Per ogni prossimo. E’ così che si porta la pace di Dio al mondo”.

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