Nessuno tocchi Sanremo

di Arnaldo Casali

Io sono vent’anni che non guardo il festival di Sanremo. Però da 32 lo registro. Tutto.
A casa mia abbiamo la collezione completa dal 1985.

Leggo sui social commenti di snob che invitano ad uscire anziché guardare la televisione. Beh, io martedì me lo sono perso perché sono andato a teatro (“Lacci”) e mercoledì me lo sono perso perché sono andato al cinema (“Sono tornato”). In nessuno dei due casi posso dire di aver fatto un buon affare.

Ci hanno tolto Fantastico, ci hanno tolto i Mondiali di Calcio, i David di Donatello e il Festival di Venezia non ce li hanno tolti perché non ce li hanno mai dati, perché del cinema non gliene è mai fregato niente a nessuno: il Festival di Sanremo è l’ultimo rituale collettivo che ci è rimasto, l’unico vero evento televisivo, capace di incollare milioni di persone e poi di farle discutere sui giornali e sui social. E francamente, è la cosa più intelligente di cui si discute, ultimamente.

D’altra parte se persino il cardinale Ravasi sta tutti i giorni a commentare le canzoni di Sanremo, un motivo ci sarà.

Io non ho avuto modo di guardarlo con attenzione fino ad ora, proprio perché sono uno di quelli che la sera esce, anziché guardare la televisione: quindi non ho molto da dire sulle canzoni, se non che Servillo & Avitabile mi pare che cantino malissimo e la canzone di Elio e le storie tese è la peggiore dei loro trent’anni di carriera.

Detto questo, direi che passare da Carlo Conti a Claudio Baglioni è stato un bel salto di qualità. Con tutto il rispetto per i personaggi televisivi, che il Festival della Canzone Italiana sia diretto da uno dei più grandi cantautori italiani, mi sembra già questo un evento e i risultati si stanno vedendo; e se tutti si concentrano sul lifting e sui vestiti è perché evidentemente non hanno niente di più interessante da dire.
Anche la scelta dei comprimari mi pare azzeccatissima: uno dei più grandi attori italiani affiancato dalla migliore creatura televisiva che abbiamo in Italia: perché Michelle Huzinker può piacere o non piacere e io, personalmente, a volte la trovo addirittura irritante e inflazionata, ma è senza dubbio una che la televisione la sa fare e da sola è capace di reggere la scena.

Ecco, un altro dei grandi meriti di Baglioni, è quello di aver preso davvero tutto il meglio che potesse avere senza paura che qualcuno gli rubasse la scena. Non è da poco perché viviamo in un mondo in cui la gelosia è il primo comandamento: lui ha fatto aprire il festival al più grande mattatore televisivo italiano – Fiorello – senza preoccuparsi del fatto che tutti avrebbero detto che era meglio lui come presentatore. Ha chiamato persino Pippo Baudo, che pur di tornare a presentarlo sarebbe disposto a uccidere in diretta il conduttore. Poi sì, è impacciato, è costruito, non è molto spontaneo. Ma è una colpa questa? Baglioni fa il cantante, non il presentatore. E francamente, meglio un cantante che si improvvisa presentatore, che un presentatore che si improvvisa direttore artistico.

E poi pare – dico pare perché, ripeto, ahimé non ho ancora avuto il piacere di vedermi una serata tutta intera – pare che al centro siano tornate le canzoni. E sono vent’anni che sento dire che il problema di Sanremo è che le canzoni non sono in primo piano. Niente comici, niente ospiti che non c’entrano niente, quest’anno: ma musica, musica, musica.

Ultima notazione, il Dopofestival: altrettanto impacciato, costruito, improbabile. E anche qui il motivo è semplice: il cast è interamente composto da gente di cinema, senza nessun uomo di televisione. Immagino che sia stato Favino a volerli, se non ad imporli, visto che sono tutti amici suoi: Edoardo Leo, Rolando Lavello, Sabrina Impacciatore, addirittura un regista – Luca Miniero – nei panni del presentatore. Ebbene, sì, saranno impacciati e costruiti, ma sono una Ventata D’Aria Fresca, e alleluja! Chi volevate, a condurre il Dopofestival? Marzullo, Chiambretti, Giletti, Maria De Filippi, Fabio Fazio, Bruno Vespa?

Finalmente qualcuno che almeno ci prova, ad inventarsi qualcosa di diverso.

Perché Sanremo è Sanremo. Ma quest’anno è anche qualcosa di nuovo.

P.S.

In realtà san Remo si chiamava san Romolo. E non è una battuta.

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