LA BATTAGLIA DI HACKSAW RIDGE

di Arnaldo Casali

Mi ha fatto tornare l’orgoglio di essere un obiettore di coscienza, il film che ha segnato il grande ritorno di Mel Gibson.

Per carità, rifiutarsi di perdere un anno giocando a fare i soldati in tempo di pace scegliendo invece di servire lo Stato lavorando con i disabili psichiatrici, non è la stessa cosa che partire per la guerra portando garze, plasma e morfina anziché mitra e fucile.

Desmond Doss è stato un eroe, un uomo che ha messo la sua vita nelle mani di Dio per salvare quella degli altri. Ma quello che ci accomuna e che accomuna tutti gli obiettori, è il comandamento “Non uccidere”: il rifiuto di prendere in mano un’arma, fosse pure per il più nobile degli ideali.

Ricordarlo nell’era Trump (ma anche in quella dei droni di Obama) non è certo banale. Il grandioso ed Spider-Man Andrew Garfield, con questo e Silence di Scorsese ha centrato quest’anno un’insolita e coraggiosa doppietta cristiana. Due personaggi – il soldato obiettore e il missionario gesuita – accomunati dalla fede, dalla coerenza, dalle atrocità affrontate. E due capolavori del cinema.

Uscito a undici anni da Apocalypto, sanguinolento e violento come La Passione di Cristo e Braveheart, Hacksaw Ridge è il miglior film di Mel Gibson. Il più intenso dai tempi del debutto con L’uomo senza volto e forse ancora più bello.

Che Arma Letale sia un grandissimo artista e un uomo di profonda sensibilità lo sapevamo, al di là di tutto quello che si è detto di lui negli ultimi anni e dei problemi personali che ha avuto. Ora si parla della sua Resurrezione, mentre lui annuncia che il suo prossimo film si chiamerà proprio Resurrezione, sarà il seguito di La Passione di Cristo e lo scriverà insieme a Randall Wallace, lo sceneggiatore di Braveheart che aveva in seguito diretto Gibson in un altro film di guerra: We were soldiers. Avrebbe dovuto dirigerlo lui, Hacksaw Ridge, ma non gli è stato possibile a causa di problemi personali, e così lo ha voluto  “regalare” al suo vecchio amico.

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