ITALIANO MEDIO

di Arnaldo Casali

Prendete “Un sacco bello” o “Bianco, rosso e verdone” e frullatelo insieme a uno degli spettacoli di Beppe Grillo degli anni 2000: otterrete il debutto cinematografico di Maccio Capatonda: un film che non mi pento di definire un capolavoro assoluto e il miglior debutto alla regia di un comico da trent’anni a questa parte. Una valanga di risate senza un secondo di stupidità o di autocompiacimento. Perché qui non è solo la volgarità a non essere gratuita, non sono gratuiti nemmeno gli omaggi cinefili o le autocitazioni. Un’opera che riesce a essere non semplicemente una catena di sketch, ma una storia vera e anche molto intensa e Macchia è stato davvero straordinario nell’allargare così quello che era nato – anni fa – come uno dei suoi finti trailer, vincendo una scommessa rischiosissima.
Nemmeno l’istrionismo di Maccio è mai eccessivo o autocelebrativo e in primo piano resta sempre una satira genuina che non risparmia nessuno e colpisce anche l’intoccabile Roberto Saviano (mettendone in ridicolo il divismo e il suo sostanziale vuoto) ma anche il Movimento Cinque Stelle (quantunque uscendo dal cinema non credo si possa decidere di votare altro).
Macchia è pessimista e amaro, ma al tempo stesso costruttivo. Alla fine il messaggio è che se si vuole fare davvero qualcosa di buono per il mondo, bisogna anche accettare, inevitabilmente, qualche compromesso, usando – per fare cose buone – anche mezzi che si disprezzano. E lo sa bene lui, che – abituato ad autoprodurre tutti i suoi lavori – per poter uscire con questo film in 400 cinema italiani si è dovuto far produrre da Mediaset e Medusa.

D’altra parte, il concetto che chi troppo vuole nulla stringe lo riassume bene un’uscita della fidanzata del protagonista: mentre lui continua a disperarsi perché volendo cambiare il mondo in ogni suo aspetto non riesce a combinare nulla – lei parte come volontaria in Africa con un’associazione che lui disprezza perché un cugino del fondatore è stato arrestato. E andandosene gli dice:

“Giulio sono anni che sento solo scorregge. Ma quand’è che fai la cacca?”

p.s.

Deliziosa incursione di Antonino Nino Frassica. Che la sua comicità si inserisca perfettamente in quella di Maccio Capatonda, d’altra parte, si era già visto in “Mario”. E non è certo un caso visto che Macchia lo ha più volte additato come uno dei suoi ispiratori. E io, che appartengo alla sua stessa generazione, capisco bene il perché.

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