Franca Valeri: “Vorrei essere ricordata per il teatro”

di Arnaldo Casali

Cento anni, di cui quasi settanta passati sulle tavole di un palcoscenico.

Franca Valeri, scomparsa dieci giorni dopo aver tagliato il traguardo del secolo di vita, ha fatto la storia del cinema, del teatro, della televisione; l’ha fatto con uno stile tutto suo, unico e irripetibile, e a starle vicino si percepiva la forza, l’energia, la determinazione che le permettevano, nonostante l’età, di avere ancora una vita iperattiva.

Si percepiva, parlandoci, anche una certa freddezza, un sobrio contegno, una riservatezza non tanto nei modi quanto nelle parole: una compostezza manzoniana che sembrava il risultato di una vita scolpita da sofferenze e dure lotte per conquistarsi il proprio posto. Perché a differenza della maggior parte delle sue colleghe questa piccola grande donna il successo non se lo è guadagnato con la bellezza, ma con la simpatia, la verve comica, la genialità che l’hanno resa una delle personalità più eclettiche del panorama teatrale italiano.

“Quando si vivono grandi dolori – parlava a proposito di uno dei suoi personaggi portati a teatro, la protagonista di Mal di ma(d)re – si reagisce in modo diverso: alcuni si rifugiano nella religione, altri se ne difendono negando tutto”.

E Lei ha mai sentito la necessità di rifugiarsi nella religione o di allontanarsene?

“No, non ho mai avuto questo problema, perché ho sempre vissuto la mia vita con equilibrio e con una coscienza costante di quello che facevo. Sono sostanzialmente una persona credente, però capisco le persone che ce l’hanno con Dio”.

Nei suoi spettacoli ha raccontato anche la psicanalisi.

“Non l’ho mai praticata direttamente. Credo che sia stata una grande scoperta, però penso che ci debbano ricorrere quelli che sono veramente malati di animo, invece c’è una forte tendenza a ricorrere allo psicanalista alla prima delusione, alla prima instabilità”.

Ha fatto la regista d’opera, è stata attrice drammatica e comica, teatrale, cinematografica e televisiva, e persino traduttrice. Lei è decisamente un’artista che potremo definire totale.

“Per quello che concerne lo spettacolo le ho provate tutte, sì”.

Come le è nata la voglia di fare questo lavoro?

“Ce l’ho sempre avuta, sin da bambina. I primi passi li ho mossi a Milano con il Piccolo Teatro, poi ho incontrato i miei futuri colleghi, abbiamo fondato insieme la Compagnia dei Gobbi, e ci siamo autoprodotti, scrivendo da soli i nostri testi”.

Per che cosa, delle tante cosa che ha fatto, vorrebbe essere ricordata?

“Devo dire per il teatro: come interprete ecco, mi pare di essere – insomma  – degna di una certa attenzione”.

In televisione ha fatto coppia con Gino Bramieri in Norma & Felice. Ricordo alla consegna dei Telegatti, pochi giorni prima che lui morisse, una commozione quasi straziante.

“Era già malatissimo; quella sera ha fatto fatica a salire sul palcoscenico. E poi questa risposta del pubblico, che ha fatto veramente un’ovazione mortuaria, però, che lo ha sconvolto, perché si è accorto che tutti lo vedevano orami già morto e questo, sì, ha fatto un po’ impressione”.

Nei suoi cinquant’anni di carriera ha lavorato con tutti i più grandi attori e registi italiani, chi ricorda con più piacere?

“Prima di tutti Vittorio De Sica; poi Paolo Stoppa, Peppino De Filippo, Gino Bramieri appunto, e Alberto Sordi, tutti bravissimi. Purtroppo ci hanno lasciato tutti, ed erano tutti veramente grandi. Si imparava a stare in scena con loro. Negli ultimi anni ho lavorato molto con attori giovani: vale la pena di affiancarsi a delle forze nuove”.

Lei è stata un’attrice completamente fuori dalle schemi: com’è stato il rapporto con le grandi dive?

“In realtà io ho recitato molto da sola, e più con attori che con attrici: poi naturalmente sono stata vicina a delle attrici giovani, tutte molto brave, ma insomma non ho avuto problemi di rivalità, anche perché io cerco di lavorare sempre con chi mi piace”.

E’ rimasta famosa per le sue gag al telefono. Le è mai capitato che una società telefonica le abbia chiesto di fare la pubblicità?

“La Sip: mi ha regalato anche degli apparecchi. C’è stato un momento in cui reclamizzavano “un telefono in ogni stanza” e così mi hanno riempito la casa di telefoni!”.

(intervista tratta da Adesso n.15 – marzo 2000)

 

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