Diario di bordo, giorno 1 e 2: il lungo viaggio e poi Sarajevo!

   Terni- Ancona, 8 settembre 2012
Le due e venticinque. Cavolo, mi domando sempre perché non possiamo fare qualcosa con calma e dobbiamo sempre ridurci all’ultimo minuto. Arriviamo alla stazione giusto in tempo per trascinare il mio enorme valigione giù e su per le scale e arriviamo al binario. Il treno arriva e parte quasi subito…è ufficialmente iniziata questa nuova avventura! Apro il libro preso in prestito dalla biblioteca, cerco ancora di capirci qualcosa su questa guerra che sembra così assurda. Strano, di solito non ho problemi con la storia! “Ma insomma, si può sapere cosa andiamo a fare?” chiede Michael.  È quella la domanda che poi darà l’impostazione all’intero documentario: io e Michele cerchiamo di rispondere come possiamo, scambiandoci le informazioni che siamo riusciti a raccapezzare in questi giorni. La scena viene ripresa, non lo sappiamo ancora ma Arnaldo ha già  deciso: il documentario parlerà anche del nostro viaggio, ne faremo parte noi tutti. Dopo tre ore arriviamo ad Ancona, ci dicono che il porto è vicino così ci incamminiamo a piedi. Maledico ad ogni passo la mia insana idea di portarmi dietro mezza casa perché tanto in nave non ti fanno storie per il peso della valigia! Siamo quasi gli ultimi a prendere la nave (stranamente) e appena posate le valigie in cabina saliamo sul ponte, abbiamo delle riprese da fare. Mentre vedo Ancona allontanarsi inizio già a sentirmi male, a quanto pare cerotto e braccialetto sono inutili. “È una cosa psicologica, stai tranquilla!”, cerca di riassicurarmi Michele. Avrà ragione forse, chissà quando ho iniziato a soffrire di mal di mare…il mare l’ho sempre adorato, fin da piccola. Il viaggio sembra infinito, ne approfittiamo per vedere uno dei film che ho noleggiato in biblioteca, “benvenuti a Sarajevo”, la storia vera di un giornalista che raccontava l’assedio della città. Inizio a capire la ferocia della pulizia etnica, anche se capire non è la parola adatta. Diciamo che mi rendo conto di ciò che è successo, vedo le immagini dei massacri, la follia di non poter stare sicuri nelle proprie case, dell’uccidere spietatamente donne e bambini.

 Split-Sarajevo 9 settembre 2012

 

Finalmente alle 8:00 arriviamo a Split, in Croazia. Siamo gli ultimi a scendere dalla nave, tanto che gli ufficiali ci avevano perfino chiuso dentro! Ecco, nemmeno abbiamo potuto fare colazioni, il che mi mal dispone per un bel pezzo. Abbiamo l’autobus per Sarajevo dopo un’ora, così decido di buttarmi su un bombolone alla crema, alla faccia della dieta! L’autobus per Sarajevo parte alle 9:30 dal terminal 3, non c’è molta gente ma si riempirà strada facendo. A lungo sono le splendide coste della Croazia a farci compagnia, poi poco dopo che ci addentriamo nell’entroterra arriviamo alla frontiera con  la Bosnia. Il paesaggio cambia subito: a prima vista mi sembra subito un Paese molto povero. Durante una sosta Michele attacca bottone con una ragazza svizzera, viene da Zurigo e sta viaggiando sola. “nessuno aveva tempo, così ho pensato che era meglio partire da sola che non partire per niente!” mi confessa. Solo pochi minuti e l’autista ci invita a risalire. Non so nemmeno perché, ma a un certo punto sento che Michele parla con un signore che vive in America…è proprio uno scout, parlerebbe anche con i sassi! Lui e sua moglie sono venuti via dalla Bosnia prima della guerra e ora stanno tornando dalla famiglia, dopo nove anni dall’ultima visita. Lui è davvero disponibile, mentre Caterina (ci dirà il suo nome soltanto dopo più di un’ora) non vuole parlare con noi. Non le piacciono i giornalisti, perché usano distorcere le parole che uno dice. Mi sembra strano non essere ancora una giornalista professionista eppur subire i pregiudizi che la gente ha verso la categoria. Un po’ mi onora, confesso. Quando inizio a vedere case distrutte e cimiteri capisco che ci stiamo avvicinando a Sarajevo, e dopo 7 interminabili ore di viaggio l’autobus arriva al terminal. Non abbiamo idea di dove andare così prendiamo un taxi. Ci lascia all’hostal Markale proprio a 50 m dal mercato sede di un massacro che provocò 60 morti e 200 feriti, quando i serbi bombardarono la popolazione che era in fila in attesa del pane. Sembra invece un mercato di quartiere come un altro, delle signore anziane vendono spezie e fiori di cui ignoro i nomi, mentre le altre bancarelle sono piene di frutta e verdura. L’ostello è molto carino e soprattutto molto pulito, siamo in pieno centro così, pur consapevoli che è tardi, ci dirigiamo verso il luogo della cerimonia di apertura, che era ormai conclusa. Pazienza, tutto rimandato a domani! Super eccitati ma stanchi, ci godiamo qualche ora di riposo.

 

       Michelle

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