28 settembre 2005, iniziava il processo per il crack della Parlmalat, vergogna italiana.

É considerato il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio perpetrato da una società privata in Europa, il crack della Parlmalat, che costò i risparmi di centinaia di piccoli investitori. Quando venne scoperto il falso in bilancio, nel 2003, non si poteva immaginare che il buco nel bilancio dell’azienda di Collecchio ammontasse a 14 miliardi di euro. L’indebitamento dell’azienda iniziò negli anni ’80, ed era dovuto a un giro di affari decisamente discutibili e illeciti che legavano Calisto Tanzi, patron dell’azienda, alla politica e ai media, sia Mediaset che Rai. Quello che rime più nella memoria è però la disperazione dei piccoli azionisti, che si sono visti azzerare il loro patrimonio azionario, mentre i risparmiatori che avevano investito in bond hanno ricevuto solo un parziale risarcimento. In diverse occasioni la politica aiutò e favorì l’azienda, come quando grazie alla legge 216 per la ricostruzione in Irpinia, a seguito del terremoto, l’azienda ricevette undici miliardi di lire dallo Stato, nonostante ne avesse richiesti otto e dieci giorni dopo la scadenza dei termini previsti. Dopo il crack, grazie al decreto “salva-imprese”, Parlmalat venne salvata dal fallimento e la sua direzione venne affidata all’amministrazione straordinaria di Enrico Bondi, che ha risanato in parte i conti. Il 28 settembre 2005 iniziò la prima trance del processo a carico di Calisto Tanzi e di alcuni dirigenti, revisori di conti e sindaci. Il processo si concluderà con la sola condanna di Tanzi a 10 anni di carcere, il proscioglimento delle banche coinvolte nel reato di aggiotaggio e la negazione a circa 3.000 piccoli risparmiatori di un risarcimento.

 

 

    Questa voce è stata pubblicata in un giorno nella storia. Contrassegna il permalink.

    I commenti sono chiusi.