A novembre 2012 l’inceneritore di Terni sarà riattivato. Intervsita a Fabio, comitato NO INCENERITORI.

 

        di Michele Annesanti

      Sabato 23 settembre  si è tenuta nella sala comunale di Terni la conferenza stampa del comitato No Inceneritori. Da anni in prima linea contro questo siestma di gestione dei rifiuti. Intervista a Fabio Neri, membro del comitato.

      Quando e come nasce il comitato No Inceneritori Terni?

Il comitato in realtà ha tanti anni di vita, con fasi alterne, dall’anno duemila fino ad oggi, ha avuto momenti di iniziativa contro l’inceneritore. In quest’ultimo periodo ci troviamo un po’ in un collo d’imbuto. Nel senso che, l’anno  scorso ci si trovava davanti all’ipotesi tutta reale, perché prevista nel piano regionale nonché nel piano d’ambito, che l’inceneritore Terni-Ena, quello che  fu di proprietà di Agarini e poi nel 2006 acquistato da ACEA, diventasse il camino unico dei rifiuti per l’intera regione Umbria. Dei tre inceneritori che sono a Maratta, sarà funzionante solo questo. Tant’è che sta in fase di revamping, cioè ha smesso di funzionare a fine 2009, e riprenderà a funzionare nel novembre 2012. Almeno questo è quello che dichiara Piacenti, che sarebbe l’amministratore delegato della società di ACEA che controlla la parte del settore rifiuti per energia. Quindi nella prospettiva che un anno fa ci si delineava, del camino unico, abbiamo ripreso la battaglia contro l’inceneritore. Ma vedi bene, la nostra non è una battaglia isolata, solo a Terni. Noi rifiutiamo l’incenerimento in quanto tale. Lo rifiutiamo come pratica di gestione dei rifiuti,  e lo consideriamo da eleminare dovunque questo venga pensato, progettato e dove è tuttora vigente. Infatti, tanti inceneritori attivi si trovano in Toscana e in Emilia-Romagna. Purtroppo altri se ne stanno costruendo. L’Italia, diciamo da questo punto di vista, è il paese che ne sta costruendo di più.

2.    Come rispondete alla domanda, che i più fanno, secondo cui i paesi del Nord Europa utilizzano questa “pratica di gestione dei rifiuti” e per ciò perché non dovrebbe essere cosi anche da noi? 

Stranamente, solo per i rifiuti, viene presa a modello il nord Europa. Mentre, per altre diciamo virtuose partiche come, la gestione della cosa pubblica o di buon welfare state no. Alcuni sostengono il fatto, che è vero, che in questi paesi come la Germania l’incenerimento funziona. Anche ammettendo ciò, perché i controlli sono eseguiti meglio che da noi, il problema è un altro. Innanzi tutto, in quei paesi la politica dell’incenerimento proviene da molto lontano e, soprattutto, la gran parte di questi impianti si stanno trovando a corto di combustibile da bruciare. Questo in virtù del fatto che, avendo applicato- cosa che in Italia non viene fatto- le direttive europee, tendenzialmente ci si trova difronte ad una riduzione della materia prima da bruciare. Infatti, spingendo in avanti la raccolta differenziata, accade che questi impianti stanno cercando rifiuti altrove. Ecco perché a Napoli, tutta la vicenda dei rifiuti venduti in Germania, era dovuto a questo. Gli impianti tedeschi cercano rifiuti perché non ne hanno nel proprio territorio. Questo perché l’Unione Europea ha dichiarato, proprio nei suoi ultimi pronunciamenti del 2012, che l’incenerimento è una pratica da abbandonare. Ma già negli anni scorsi, l’Unione Europea stessa metteva l’incenerimento alla fine, come dire: “dopo aver fatto tutto, se proprio non ne puoi far a meno brucia”. La vicenda Unione Europea a noi ci interessa fino ad un certo punto. Noi comitati siamo convinti -soprattutto  lo sono le associazioni dei medici, dei pediatri, degli esperti,  dei professionisti del settore, degli ingegneri, insomma associazioni  e persone molto più competenti dei semplici comitati- che l’incenerimento fa male alla salute. Inoltre, l’incenerimento, è una tecnica e una tecnologia sorpassata. Questo a scapito anche del fatto che venga praticato nei paesi più virtuosi d’Europa.

           Mantenendo alta la combustione degli inceneritori i rischi, derivanti dall’ incenerimento, dovrebbero diminuire se non attenuarsi.

Dalla combustione, vista la composizione dei rifiuti, viene fuori tutta una serie di sostanze tossiche e cancerogene, diossine, furani e via dicendo, che fanno male alla salute. Anche se questi impianti arrivassero a bruciare oltre la soglia dei duemila gradi, in ogni caso verrebbero abbattute le emissioni, ma non cancellate. C’è un principio della fisica che, i favorevoli dell’incenerimento non tirano mai fuori, “nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma”. Quindi per quanto alta possa essere la temperatura della combustione, comunque vengono fuori, polveri e ceneri. Generalmente, un inceneritore produce una quantità pari al 30% del combustibile bruciato, trasformandolo in ceneri per un 25%, e in polveri per un 5%. Parliamo ovviamente di tonnellate. L’inceneritore Terni-Ena, ha una capacità di combustione di centomila tonnellate l’anno di combustibile -che sarà il pulper per ora, poi ne parliamo-  quindi vuol dire che ogni anno venticinque mila tonnellate di ceneri, che diventano rifiuto pericoloso da stoccare in discarica, e cinque tonnellate di sostanze emesse nell’aria. Queste ultime sono nano-particelle su cui si sta concentrando una parte della ricerca. Si è osservato che queste sostanze riescono a circolare nel sangue, passando dagli alveoli dei polmoni, per poi andare a circolare nel corpo umano. Tant’è che l’epigenetica sta studiando come queste sostanze agiscano sulla struttura del DNA in fase di creazione del cromosoma. Detto questo, i “fanatici dell’inceneritore” sostengono che non c’è correlazione diretta tra A e B, cioè tra incenerimento e tumore. Noi rispondiamo che, se è vero che ad ogni sostanza tossica respirata non corrisponde un tumore, è anche vero che- e molte ricerche lo confermano- le aree colpite dalle polveri cancerogeni, registrano un impennata delle patologie tumorali nell ’apparato respiratorio, ma non solo, in proporzioni maggiori che in aree libere da questi fumi. A Terni, gli effetti del polo d’incenerimento di Maratta fin quando hanno funzionato fino al 2008 -tutti e tre i camini insieme- secondo una stima fatta, l’incidenza si incomincerà a notare a partire dal 2014 al 2015 in poi.  Perché queste malattie, originate da queste sostanze,  hanno una cadenza di circa 15 anni.

4.    Quando ha avuto inizio la politica dell’incenerimento a Terni? 

Il primo inceneritore di Terni è quello dell’ASM, che oramai è in disuso e verrà, teoricamente, smontato a partire da questo stesso anno. Se non vado errato, risale agli anni settanta-ottanta,  la pratica dell’incenerimento.  Era soprattutto una politica comune nelle regioni rosse. Infatti, il maggior numero degli inceneritori si trova proprio nelle roccaforti rosse che erano la Toscana, l’Emilia-Romagna e l’Umbria. Poi ce ne sono altri, disseminati in tutto il territorio nazionale, ma diciamo che in queste regioni andava molto in voga questa pratica.

       Quali sono le attività, eventi o iniziative svolte durante gli anni dal comitato, per la sensibilizzazione del problema incenerimento? 

Noi, come comitato, solo due anni fa abbiamo ripreso questa battaglia. Semplicemente si sono organizzate moltissime assemblee popolari, nei vari quartieri di Terni, appoggiandoci alle parrocchie, ai centri anziani, piazze, sale pubbliche. Si sono fatte tante iniziative, banchetti, volantinaggio di massa. Abbiamo fatto un calcolo, quasi quindicimila volantini sono stati distribuiti. E la risposta della popolazione è stata positiva, perché nel momento in cui siamo passati, dalla fase informativa a quella di mobilitazione, hanno partecipato un gran numero di ternani. La biciclettata contro l’inceneritore, nel marzo di questo anno, ha visto la partecipazione di oltre 200 persone. È stato un momento molto importante, a questo è seguito il convegno organizzato assieme ai tre partiti che hanno fatto la raccolta firme contro l’apertura dell’inceneritore. E poi quello fu il momento in cui il Sindaco fece la dichiarazione pubblica, secondo cui non avrebbe inserito nel piano d’ambito l’inceneritore, come chiusura del ciclo dei rifiuti. Il problema ora qual è? Che per tre anni non verrà usato l’incenerimento- perché questo è scritto nel piano d’ambito –  fino a verifica nel 2015, non si userà l’inceneritore Terni-Ena per bruciare rifiuti, ma per il futuro non ci sono certezze. Se questo  è quanto, è anche vero che a novembre 2012, l’impianto riprenderà la sua attività.

Scusa fammi capire meglio, come è possibile che l’inceneritore ripartirà e poi, cosa andrà a bruciare. I rifiuti fuori regione?

L’inceneritore riprenderà utilizzando come combustibile lo scarto di cartiera, quello che comunemente viene chiamato pulper. Che non si capisce neanche il motivo perché rientri nella biomasse. Quindi diciamo bruciare ceppato di legno e bruciare pulper è la stessa cosa. Peccato che, quest’ultimo, essendo lo scarto del macero della carta riciclata, è un rifiuto che si compone del 70% di plastiche, metalli, colle, vernici e tutto quello che appunto è il risultato dello scarto, e del rimante 30% di cellulosa. Quindi non è proprio come bruciare legno.

7.   Bene, questo è un NO forte e chiaro, cosa proponete di concreto? 

Noi abbiamo sempre accompagnato il NO con una proposta di adozione della strategia rifiuti Zero, o di riciclo totale. Siamo orientati ad una strategia – quella inventata dal professore emerito in chimica ambientale, Paul Connet, dell’Università St Lawrence di Canton, New York, che tra l’altro verrà il 17 ottobre qui a Terni invitato da noi-  che punta a due cose. Primo, un elevato sistema di raccolta rifiuti  a porta a porta, non di prossimità cioè i secchioni., con l’obbiettivo di raggiungere livelli molto alti già da subito. Perché tendenzialmente, se spingi in avanti “il porta a porta” ottieni buoni risultati, oltre il 70%. Secondo, concentrarsi sulla riduzione  dei rifiuti a monte; per esempio il riuso oppure riduzione degli imballaggi, e quindi valorizzare il rifiuto. Questo ti permette di lavorare sulla parte dell’indifferenziato. Diciamo, nei luoghi dove è utilizzato questo sistema, va a finire in discarica il 10-20% del monte complessivo dei rifiuti prodotti. Generalmente, questa percentuale è composta da, come vengono chiamati da Paul Connet, errori di progettazione industriale. Cioè cose non riciclabili, come tante plastiche dure-sebbene esistono impianti come a Vedelago, che ricicla anche questo tipo di materiale- e quindi lavorare su questo fronte come succede a Capannoli. Questo è il comune italiano che per eccellenza che  ha adottato la strategia rifiuti zero e sta avendo risultati incredibili dal punto di vista economico, tecnologico  e di partecipazione. Inoltre, hanno intavolato una trattativa con una multinazionale per risolvere il problema delle cialde di caffè. Queste cialde, infatti, sono un errore di progettazione.  Il contenuto al suo interno andrebbe differenziato, in quanto sostanza organica, dalla confezione che è plastica. È una bomba ecologica. Il problema è che quando una cosa del genere finisce in discarica, produce il percolato.  Questa sostanza pericolosa  è capace di perforare anche il cemento armato delle discariche, che poi va a penetrare nelle falde acquifere e provocare quei danni che puoi immaginare.

       La “monnezza è oro”. La mafia la sa far valere tanto oro quanto pesa. Dove sta l’affare degli inceneritori in Italia, come funziona?

È chiaro che intorno ai rifiuti ci sono in gioco grandi interessi, e questo a partire dagli inceneritori.  Da dove proviene il guadagno degli inceneritori? Guadagnano perché l’Italia ha reso l’energia prodotta da questi impianti al pari delle energie prodotte dalle fonti rinnovabili e quindi ricevono fondi pubblici. L’unico paese in Europa, questo non li ricorda mai nessuno. In sostanza, gli impianti di incenerimento ricevano i certificati verdi per la produzione di energia elettrica, “pulita”. Ecco dove sta l’affare dell’incenerimento in Italia, sta in questo.  Oltre tutto, con un inceneritore in funzione, essendo un impianto che date le sue caratteristiche tecniche, non può avere sbalzi di combustione, deve avere un flusso continuo di combustibile, e non può per tanto fermarsi. Quindi questo presuppone un impianto che necessita sempre di un flusso costante e in aumento di combustibile, e naturalmente questo è connesso alla produzione di energia elettrica. Con ciò, con un inceneritore in funzione non avverrà mai una riduzione della produzione dei rifiuti. Anzi al contrario, dovrà esserne fomentata la produzione, sempre di più. È un circolo vizioso.

9.     Quindi quello che proponete voi è un altro tipo di mentalità, cioè basta con il bruciare all’infinito ciò che noi  vorremmo consumare all’infinito, ma recuperare il rifiuto come avveniva una volta nelle campagne. In sostanza questa è anche una battaglia culturale, vero?

     Esatto. Se noi prendiamo in esame la composizione del sacco, quello nero dell’immondizia dove ci si buttava tutto dentro.  Vediamo che in realtà la pratica di una rifiuti zero è molto più semplice di  quello che sembra, e oltretutto da un punto di vista tecnologico oggi non c’è nessun impedimento alla realizzazione della strategia rifiuti zero. Dicevo, se prendiamo il sacco nero le percentuali sono; il 30%  composto da  umido che, se ben differenziato non finisce in discarica ma, viene stoccato in impianti chiamati biodigestori. Dopo un preciso trattamento, l’umido è trasformato in compost e potrà essere usato come ottimo concime per le coltivazioni. Cosi facendo, togli già un terzo del peso. Poi c’è un 15-20% di carta e altrettanto di plastica, poi c’è legno, stoffe, ci sono i RAEE, cioè i rifiuti tecnologici, anche essi riciclabili.  Quella che resta è un porzione molto piccola su cui bisogna operare. Se andiamo a vedere la composizione, ad esempio della carta che produciamo come rifiuto, o della plastica, ci si accorge che molto viene da imballaggi degli alimenti. Per cui già ridurre gli imballaggi alla fonte significherebbe di per se diminuire di tanto la quantità di rifiuti prodotti. Ed è molto semplice farlo, anche qui a Terni molti centri commerciali hanno aderito  a programmi di questo tipo, cioè non utilizzare più il sacchetto di plastica per pesare le verdure sulle bilance, quanto piuttosto utilizzare un cestino di cotone. Una volta pesata la verdura il cestino si ripone al suo posto. Sono molte le iniziative possibili.

      Siamo in un momento di crisi economica, quale dei due sistemi- quello dell’incenerimento e quello della raccolta differenziata- potrebbe favorire più occupazione? 

     In un inceneritore come quello ACEA di Terni lavorano un numero come 25-30 persone, solo con la gestione di raccolta porta a porta sul territorio di Terni, abbiamo calcolato, sulla base di quello che sono state le assunzioni nelle città dove è stata adottata questa strategia, un lavoratore ogni 800-1000 abitanti. Parliamo di un’ottantina di persone che potrebbero lavorare per la gestione della raccolta rifiuti porta a porta. Per non parlare poi dell’indotto che si viene a creare intorno al riciclo. Per esempio, il Pile viene dalle bottiglie di plastica riciclate. Quanti dei rifiuti che noi produciamo possono essere poi riutilizzati? Guarda il metallo per esempio. Tutti i rifiuti di metallo possono essere riutilizzati. E Terni in questo ne è campione. In sostanza, sono molte le possibilità lavorative che si aprirebbero con una politica di questo genere. Se te invece mandi, ogni anno centomila tonnellate di rifiuti – ripeto non è ora il caso- in un inceneritore in cui lavorano meno di trenta persone, ecco bene in un altro sistema, quelle centomila tonnellate potrebbero trasformarsi in lavoro per molti altri. Tra l’altro, ricordiamo che c’è tuttora in atto un processo contro la dirigenza ASM e i responsabili comunali. Proprio perché i lavoratori dell’ASM denunciarono tutta una serie di cose e la malattia di due di loro. Detto questo, sembra che finirà tutto in prescrizione. Infatti, il processo tra perizie e controperizie non si sa a che punto si è arrivati. Addirittura, si è arrivati, allo scandaloso mercato delle quote. Il dipendente dell’ASM sarebbe morto per un 40% per colpa del lavoro e per il restante 60% perché venti anni fa fumava. Ma perché tutto questo? Perché intorno all’ incenerimento ci girano una barca di soldi.

      La strategia rifiuti zero, potrebbe essere una soluzione per tenere lontano le mafie dall’ affare “monnezza”?

      Come migliaia di inchieste ci insegnano, le organizzazioni criminali fanno man bassa proprio attorno ad una gestione dei rifiuti come questa. In sostanza, se io separo e differenzio tutti i rifiuti che produco nella mia città, so perfettamente, quanto umido ho prodotto, quanta carta, quanta plastica, lo so. Quindi sono consapevole di cosa sto portando nella discarica perché non uso più i cassonetti, ma utilizzo i centri di raccolta per gli inombranti. In questo  modo ho maggiore controllo di quello che poi andrà a finire in discarica (per quanto riguarda il 10-20% del non recuperabile). Se ci finiscono i barili tossici, chi ce l’ha portati? Quindi, la gestione corretta, cioè orientata alla strategia rifiuti zero sarebbe, anche da questo punto di vista, un metodo per  tenere lontane le mafie dall’ affare monnezza.

       Ultimissima domanda, a Terni abbiamo i cassonetti della raccolta differenziata. Spesso ho sentito dire: “ma che la facciamo a fare la raccolta differenziata, tanto buttano tutto assieme”. È vero oppure è un mito da sfatare?

No non è vero. Adesso entrerà in funzione il biodigestore di Nera Montoro, che è di proprietà di Terni-Energia, e con un accordo dell’ASM sarà qui riversato tutto l’umido prodotto in città. Fino ad oggi l’umido veniva portato al biostabilizzatore che sta nella discarica di Orvieto. Tutti gli altri rifiuti separati sono andati a finire nelle piattaforme di riciclo che ci sono a Terni. Per piattaforma di riciclo si intende, una società che ha un’azienda privata, parte del consorzio di recupero, e si occupano di un specifico rifiuto o più d’uno. Lì gli arrivano i rifiuti già separati e loro li organizzano in modo da poi lavoraci sopra. In sostanza a Terni c’è già una base per la gestione differenziata di rifiuti, ma andrebbe potenziata. Il dramma è che il piano d’ambito si attesta sul 65% per tutto il territorio della provincia di Terni. Questo significa che a Terni si assisterà ad un doppio passo, in alcuni quartieri avverrà una raccolta porta a porta, mentre per il resto della città si manterranno i cassonetti. E questa cosa è molto grave,  non ha senso. Una volta che la società fa degli investimenti per raggiungere, da un punto di vista organizzativo, gli obiettivi della percentuale di raccolta differenziata prevista dal piano d’abito, a quel punto l’investimento vale anche per arrivare all’ 80%. Quindi ci sembra assurdo costringere un territorio, dove sarebbe molto semplice organizzare un porta a porta, ad un 65% solo perché questo è il minimo che ci chiede l’Europa. Il problema è che il piano d’ambito è strutturato su questo 65% e alcuni comuni non verranno toccati dalla differenziata porta a porta. Perché come territorio, Terni ed Orvieto fanno la parte più grande e gli altri centri abitati saranno sempre più lontani dall’ obiettivo.

Potete contattare, per maggiori info, il comitato su facebook (no inceneritori tr).

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