Città del Messico, Giochi Olimpici del ’68, Tommie Smith e John Carlos, due atleti statunitensi, neri, di 24 e 23 anni, primo e terzo nella finale maschile dei 200 metri vengono espulsi con effetto immediato dalla nazionale olimpica e cacciati dal villaggio olimpico. E’ bastato, per far prendere questa decisione ad Avery Brundage, a quel tempo presidente del Comitato Olimpico Internazionale, vedere i due atleti sul podio, testa china e piedi nudi, mentre ascoltavano l’inno nazionale con un pugno alzato in cielo, vestito di un guanto nero. Questo gesto è diventato l’emblema del Black Power, perché questi due atleti, dinnanzi al mondo intero hanno protestato per la loro dignità, per chiedere e ottenere di non essere riconosciuti e rispettati solo per il loro meriti sportivi. Tommie Smith fu il primo uomo al mondo a correre i 200 metri sotto la soglia dei 20”, con un record mondiale che restò imbattuto per 11 anni; John Carlos arrivò terzo alle olimpiadi grazie alla sua voglia di riscattarsi: era nato nel ghetto nero di Harlem, New York, ed aveva vinto una borsa di studio per doti atletiche in California alla San Josè State University, dove conobbe Smith. Il loro gesto, considerato fuori luogo perché “si doveva lasciare la politica fuori dalle Olimpiadi”, costò loro l’espulsione. Ma rinunciando ad una medaglia quel pomeriggio del 16 ottobre, con un pugno nero che però non ha fatto male a nessuno, hanno guadagnato un grande rispetto.
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