12 ottobre 1915. Infermiera britannica uccisa dai tedeschi per aver aiutato gli Alleati

Si chiamava Edith Louisa Cavell ed aveva 50 anni quando la mattina del 12 ottobre del 1915 venne fucilata dal plotone di esecuzione al poligono di tiro di Schaerbeek in Belgio. Edith Cavell, britannica di Swardeston, aveva intrapreso la sua carriera di infermiera nel 1896, al London Hospital, dove da subito venne fuori la sua dote nel prendersi cura delle persone ed il suo altruismo. Nel corso degli anni venne incaricata di diverse missioni, come quella a Maidston, nel ’97, dove insieme ad altre cinque infermiere riuscì a minimizzare le perdite umane dovute ad una epidemia di febbre tifoide (su 1700 malati morirono solo 132 persone, quest’episodio le fece guadagnare una medaglia al merito). Dopo diversi altri incarichi fu inviata da dottor Antoine Depage in Belgio per innovare il settore infermieristico. Fondarono così una scuola per infermiere laiche: L’école Belge.

Con l’invasione tedesca del Belgio, Edith Cavell decise di convertire la clinica in un’ospedale della Croce Rossa, occupandosi sia dei feriti inglesi che di quelli belgi. Alla caduta di Bruxelles, i tedeschi adottarono il Palazzo Reale come infermeria per i propri feriti e rimandarono a casa una sessantina di infermiere inglesi: Edith e la sua capo assistente, miss Wilkison, rimasero. L’avanzata tedesca lasciò molti soldati inglesi e francesi tagliati fuori dai loro eserciti in ritirata: nell’autunno del 1914 due di tali soldati inglesi riuscirono a raggiungere l’ospedale di Cavell, dove trovarono rifugio per due settimane, seguiti da numerosi altri. Tutti vennero spediti di nascosto nella neutrale Olanda. Venne formata, in tal modo, una fitta rete di aiuti che funzionò per circa un anno; oltre a Cavell, nella rete erano coinvolte anche personalità di rilievo quali la principessa Marie de Croÿ e la contessa Jeanne de Belleville.

I primi di agosto, i tedeschi arrestarono molti dei membri della rete, compresa Cavell; il suo ospedale venne perquisito, ma non venne trovato alcunché: Cavell aveva cucito il suo diario in un cuscino, e aveva tenuto le sue infermiere all’oscuro di tutto per non incriminarle. Cavell venne imprigionata per dieci settimane, durante le quali non seppe nulla o quasi di quali accuse le venivano mosse. Giunta al processo il 7 ottobre, assieme con trentaquattro altri, diede per assunto che i fatti di cui era accusata fossero quelli che le aveva effettivamente commesso, così fu proprio quelli che confessò alla corte, sostanzialmente incastrandosi da sola.

Cavell venne condannata a morte nel pomeriggio dell’11 ottobre, e le autorità tedesche erano fermamente intenzionate a far eseguire la sentenza il prima possibile; a nulla valse l’intervento delle ambasciate neutrali spagnola e statunitense.  

Al cappellano inglese, Stirling Gahan, la notte precedente l’esecuzione disse: “Sono grata di aver avuto queste dieci settimane per prepararmi. Ora le ho avute e sono stata trattata gentilmente qui. Mi aspettavo la condanna e credo sia giusta. Ora che sono in vista di Dio e dell’Eternità, comprendo che il patriottismo non è abbastanza: non devo serbare odio né rancore verso nessuno”.

Edith Cavell è considerata santa dalla Chiesa Anglicana.

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