Con la dignità che l’ha sempre accompagnata, la vedova Pinelli ricorda il marito morto innocente dicendo grazie al Presidente e sperando che la cerimonia sia un passo «verso la giustizia e la verità». La signora Calabresi dice di avviarsi all’incontro «con emozione, ma ammirata per l’atteggiamento del Presidente Napolitano, che a nome dello Stato sa ammettere le responsabilità, scusarsi per le assenze troppo lunghe, consapevole che il dialogo e la rappacificazione indispensabili a costruire un futuro armonioso per l’Italia, passino solo dalla serena, ma severa, ricostruzione della verità».«Solo riconoscendo la responsabilità di quel che è successo si potrà voltare pagina senza equivoci, polemiche, rabbie, rancori» dice Gemma Calabresi.
È difficile per chi non ha vissuto i feroci giorni della strage di piazza Fontana, i depistaggi coperti da troppe complicità negli apparati statali, le vittime subito dimenticate e le due morti, quella del ferroviere anarchico del Ponte della Ghisolfa e quella del commissario che fu lasciato solo contro una campagna assurda, comprendere che passo storico sia quello del Quirinale. Per decenni piangere insieme Pinelli e Calabresi sembrava impossibile in un’Italia divisa da una «falsa guerra civile» (Fortini). «Ai miei figli – dice serena Gemma Calabresi – ho insegnato che bisogna saper aspettare e la verità viene a galla. Ho sempre avuto fiducia nello Stato, anche quando è assente o ostile, l’ho imparato da mio padre e da Gigi. Dapprima viene il dolore, ma se si sa attendere, nei tempi lunghi, la gioia e il riconoscimento arrivano».
Grazie alla saggezza del presidente Napolitano oggi si può riconoscere la pena della famiglia Pinelli insieme, non più in antagonismo selvaggio, a quella della famiglia Calabresi: «Ho sempre detto – concorda la signora Gemma – che mio marito e Pinelli sono vittime del terrorismo e della campagna di odio che in quegli anni lacerò l’Italia. Spesso la stampa ci ha diviso, ma ai miei ragazzi ripetevo: papà e Pinelli sono accomunati dalla morte tragica e noi dal dolore di non averli a casa. Basta rancore, abbiamo tutti i capelli bianchi anche se io mi faccio bionda!» e qui la signora sorride, per nascondere l’emozione. Sarebbe bello che quando due donne di coraggio e bontà, separate dall’odio delle ideologie, si parleranno al Quirinale, la conversazione restasse tra di loro, le sole a conoscere per intero la sintassi del dolore e della riconciliazione. (g.r.)