Italia: un Paese ancora razzista(?)!

di Michelle Crisantemi

“Non mi serve l’Economist a dirmi che l’Italia è un Paese razzista. Io ci vado spesso per lavoro, quelli della Lega Nord credono che i cittadini del sud appartengano a una razza inferiore!”. Questo il commento di M. Capri, uno dei lettori del giornale londinese, in risposta all’ articolo uscito nella sezione “Politica estera” del sito del quotidiano, il 13 settembre scorso. “Razzismo in Italia”, si legge nel titolo dell’articolo, che parla degli insulti subiti da Cécile Kyenge da quando è diventata ministro del governo Letta.                         No, di certo agli Italiani e al mondo non serve un articolo dell’Economist a ricordare che nel cammino verso l’essere un Paese civilizzato, c’è ancora molto da fare.                                   Più dell’11% dei cittadini italiani non vorrebbe un vicino di casa straniero: ecco cosa emerge dai dati del World Values SurveyWorld , un progetto di ricerca globale volta ad analizzare i valori e i credo di diversi popoli. Non c’è molto da stupirsi, in un Paese che permette a un suo ministro di rivolgersi a un collega chiamandolo “Orang-utan” in pubblico. Del resto, il nostro Parlamento, è lo specchio delle credenze e degli interessi degli italiani.      “Guardatela in faccia, cos’ha di italiano quella?”, è il commento di un altro lettore. Già, cos’ha di italiano il ministro Kyenge? Vediamo. Arrivò in Italia nel 1983 per studiare medicina, quindi sono 30 anni che è residente in Italia. La legge italiana prevede la concessione della cittadinanza a uno straniero residente in Italia dopo 10 anni. Ha sposato, nel 1994, un ingegnere italiano, un altro fattore che le avrebbe dato la cittadinanza italiana. Come il ministro Kyenge, molti altre persone, famose e non, sono vittima ogni giorno dell’ignoranza di alcuni italiani. Altro esempio è Mario Balotelli, giocatore del AC Milan, che da anni è oggetto di cori razzisti. Nato da genitori stranieri a Palermo nel 1990, ha dovuto attendere il diciottesimo anno di età per richiedere la cittadinanza italiana, che gli è stata concessa nel 2008. Due storie, a rappresentare quelle tante, troppe storie, di persone oneste, che vivono nel nostro Paese e tanto quanto gli italiani lo aiutano a crescere, che ci ricordano che forse bisognerebbe cambiare delle leggi, ma prima di tutto bisognerebbe cambiare gli italiani.

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