IL TALENTO DI BUSSOTTI

di Arnaldo Casali

Se lo definissi “il romanzo ideale” – uno a scelta tra L’invidia di Velazquez o Il cameriere di Borges – sembrerebbe esagerazione o adulazione.

Eppure lo sono entrambi. Non romanzi perfetti, badate bene. Non sto paragonando Fabio Bussotti a Manzoni, Conan Doyle o Bram Stoker. E’ uno scrittore imperfetto, l’attore umbro reso celebre dal leggendario spot di Urrà Saiwa e dal ruolo di Leone nel Francesco di Liliana Cavani che gli valse un Nastro d’argento.

Uno scrittore imperfetto che scrive romanzi ideali: perché il suo dittico incentrato sul commissario dell’Esquilino Flavio Bertone appartiene a quella categoria di romanzi che non si limitano a raccontarti una storia avvicinente, ma ti aprono mondi e rappresentano un vero e proprio viaggio nella cultura, nell’arte, nella storia. I suoi primi due libri – che, peraltro, sono molto diversi tra loro e non ripetono gli stessi meccanismi, – rappresentano una straordinaria porta culturale per chi, come me, non conosceva se non di nome Velazquez, Borges e gli altri grandi personaggi che si muovono nei due romanzi, come Alfonsina Storna, Che Guevara, Pablo Picasso…

Dopo aver letto L’invidia di Velasquez lo definii una sorta di versione “seria” del Codice da Vinci: nel senso che con il best-seller di Dan Brown, il romanzo di Bussotti ha in comune gli intrecci e i misteri che attraversano i secoli e vanno a congiungersi con il giallo contemporaneo. Ma la differenza è che mentre i libri di Dan Brown non solo non hanno un fondamento storico, ma nemmeno un minimo di plausibilità e sembrano scritti da un bambino Bussotti è rigorosissimo nelle sue ricostruzioni, oltre che ben più profondo nei contenuti.

L’invidia di Velazquez intreccia addirittura tre piani narrativi (1656, 1956 e 2006), Il cameriere di Borges spazia tematiche che vanno dalla dittatura argentina e la tragedia dei desaparecidos alla guerra in Bolivia. Arte, letteratura, storia, avventura sono gli scenari in cui si muove l’antieroe Bertone: commissario di mezza età abbastanza sfigato che non si fa sfiorare da nessuno stereotipo del genere e passa – con riluttanza – da Piazza Vittorio a Madrid, Buenos Aires e Barcellona.

Pubblicati il primo da Sironi e il secondo da Perdisa Pop, i libri contengono poi anche gustose autocitazioni e  riferimenti a molti attori amici di Bussotti (che diventano, con il nome più o meno storpiato, poliziotti, delinquenti o vittime) da Massimo Lello al trio dei “fraticelli” – Diego Ribon, Paco Reconti e Riccardo di Torrebruna – che con Bussotti condivisero il set di Liliana Cavani stringendo un’amiciza ancora forte dopo 25 anni e di cui, questi stessi libri, sono la testimonianza.

Per chi li ha già letti tutti e due non resta che aspettare con ansia il terzo capitolo. Dove sarà ambientato e chi sarà questa volta il gigante dell’arte o della letteratura protagonista, impossibile indovinarlo. Ma se tanto mi dà tanto, la lingua resterà ancora lo spagnolo.

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