Come un gatto in tangenziale

 

 

di Arnaldo Casali

Finalmente.

E’ stata una liberazione vedere questo film, anzi una riconciliazione, anzi un esorcismo. Non ne potevo più del cinema italiano: erano almeno due mesi che mi trovavo di fronte solo ignobili sprechi di soldi. Penso sia stato L’età imperfetta l’ultimo film italiano prodotto nel nostro paese che sono riuscito ad apprezzare. Non che Come un gatto in tangenziale sia un capolavoro, intendiamoci, ma dopo aver visto – nell’ordine – Il premio, Il ragazzo invisibile 2, Napoli velata, Benedetta follia Il vegetale, questo appare un gioiello imperdibile.

Perché se anche il film di Riccardo Milani sembra determinato a condannare la commedia italiana alle macchiette, agli stereotipi, al buonismo e alle situazioni esagerate, almeno il suo film è fatto bene. Sì, alleluja: è fatto bene. Ti diverte e ti muove anche un po’ dentro;  e, soprattutto, non spreca le sue risorse.

La trama è abbastanza classica, ed è un po’ una rivisitazione di Indovina chi viene a cena in salsa romana: una tredicenne di famiglia borghese e radical chic si fidanza con il figlio di una borgatara e di un avanzo di galera, innescando l’incontro-scontro tra il padre di lei (Antonio Albanese) e la mamma di lui (Paola Cortellesi) con le relative culture (a cominciare dal mare: Capalbio vs. Coccia di morto).

Niente di particolarmente originale, dunque. La sceneggiatura (alla quale ha collaborato anche la stessa Cortellesi, moglie di Milani) non riserva troppe sorprese (a parte qualche  gustosa citazione, come quella di Maria Montessori, interpretata dall’attrice in una fiction) ma resta molto equilibrata, senza troppe cadute di stile, e ci regala comunque uno spaccato abbastanza realistico dei quartieri più malfamati della capitale e un messaggio – incentrato sulla “contaminazione” – un po’ tagliato con l’accetta ma pur sempre importante.

Qualsiasi ingenuità di scrittura, però, se la fa perdonare il meraviglioso cast: se Antonio Albanese è impeccabile ma senza troppi guizzi, Paola Cortellesi è strepitosa nel ruolo della coatta, tanto quanto Sonia Bergamasco lo è in quelli della borghese di sinistra, astemia e celiaca, che trova la borgata pittoresca perché le ricorda le occupazioni al liceo ma poi fugge a gambe levate di fronte alla famiglia dei futuri consuoceri.

Claudio Amendola, poi, è tanto credibile che – se non avesse una faccia così popolare – farebbe paura e ti chiederesti in quale carcere l’ha reclutato il regista. Indimenticabili, infine, le due gemelle buzzicone e cleptomani che parlano in coro come Qui Quo Qua, ma con accento strascicatissimo.

 

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