Una storia senza nome


e a dirla tutta: senza capo né coda.

Il film di Roberto Andò mette tanta carne al fuoco ma sbaglia la cottura: metacinema, metagiallo, metacomeddia, metastorico: insomma tutto a metà e alla fine risulta irrisolto. Meta-attori in stato di grazia, e l’altra metà in stato pietoso, serviti – bisogna dirlo – anche da dialoghi imbarazzanti che non può permettersi un film il cui protagonista è il copione di un film. Micaela Ramazzotti, altrove deliziosa, incantevole, in qualche caso bravissima, qui risulta addirittura cagna, mentre semplicemente superflui sono gli inflazionatissimi e onnipresenti Gassman e Morante.

Un film che vuole fare l’americano, strizza l’occhio a Polanski, a Fellini e al Codice Da Vinci, cerca di dosare dramma e commedia, ma fondamentalmente resta molto al di sotto delle proprie ambizioni, ed è un peccato. Perché l’idea era geniale, anche se decisamente troppo barocca, troppo piena e ridondante: cerca di far stare insieme un film sul cinema, un film sulla mafia, un film su una ghostwriter (di uno sceneggiatore: ma dove si è visto mai?), un complotto politico e un’indagine su un fatto realmente accaduto (il furto di un’opera di Caravaggio): intreccia tutto e rimane impigliato.

Un vero peccato, perché è uno dei pochi film italiani che cerca di costruire una storia e un genere completamente diversi dalla solita e ormai insopportabile commediola.

Comunque, da vedere.

    Questa voce è stata pubblicata in Senza categoria. Contrassegna il permalink.

    I commenti sono chiusi.