Sulla censura fascista di Facebook

di Arnaldo Casali

Premetto che io sono contrario ad ogni forma di censura: la libertà di parola è sacra a prescindere dalla natura di quella parola.

Premetto anche che non mi sono mai definito antifascista, perché non condivido il concetto stesso di essere “anti” qualcosa: definirsi per contrapposizione denota una mancanza di valori concreti e crea spesso atteggiamenti speculari a quelli a cui ci si contrappone: insomma i metodi fascisti dell’antifascismo.

Detto questo, che i social network siano diventati negli ultimi anni un veicolo di propaganda di odio, razzismo e falsità, è purtroppo un problema che – in un modo o nell’altro – va affrontato.

Certo, non credo proprio che il modo migliore sia censurare interi movimenti politici: è l’incitamento all’odio, che va eliminato, non le idee di chi se ne rende responsabile.

E’ vero anche – a dirla tutta – che tra i miei contatti su facebook ci sono diverse persone dichiaratamente fasciste ma assolutamente pacifiche e pacate, e su nessuna di esse è calata la mannaia di Zuckerberg.

A prescindere da tutto questo, però, accusare Facebook di censura, stracciarsi le vesti, e addirittura denunciarlo è semplicemente insensato e ridicolo per un motivo molto semplice: anche se lo usiamo tutti, Facebook non è un servizio pubblico: è un portale internet privato, e ognuno ha il diritto di fare ciò che vuole con le cose sue.

Se la Rai censura, se un ente pubblico censura, allora – certo – è giusto e doveroso protestare. Ma non ho mai sentito nessuno indignarsi per il poco pluralismo di un giornale privato. Qualcuno si aspetta forse di trovare articoli scritti in centri sociali occupati su “Libero” e “Il Giornale”? O editoriali di Renzi o Berlusconi su “Il fatto quotidiano”?

Io stesso sono stato diverse volte censurato dal giornale per cui lavoravo, perché i miei articoli andavano contro gli interessi dell’editore. E’ una cosa abbastanza normale, nel mondo della comunicazione, e anche giusta: non è che i giornali – e nemmeno i social network – debbano essere necessariamente una buca delle lettere o un muro da imbrattare.

Poi, se si ritiene indegna, vergognosa, censurabile l’azione di un’azienda privata, l’arma che il cittadino ha a disposizione è da sempre il boicottaggio. Io sono venticinque anni che non compro i prodotti della Nestlé, per protestare contro la distribuzione di latte in polvere nel terzo mondo.

Chi è indignato per la cancellazione da facebook dei profili di CasaPound e Forza Nuova non ha che una cosa da fare: cancellarsi.

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