SOLENGHI, TV, TEATRO E CAFFE'

di Francesco Franceschini

«Puoi fare televisione da vent’anni, avere alle spalle quattordici anni di Trio, puoi pure aver girato un film, che tanto la gente per strada ti riconosce come quello del caffé».

Comincia così, con questa battuta tra il serio e il divertito sul potere ipnotico della pubblicità, il mio incontro con Tullio Solenghi, che concede un’intervista ad Adesso nei camerini del Verdi dopo lo spettacolo di beneficenza  organizzato il 15 novembre scorso dall’associazione Forum per i diritti dei bambini di Chernobyl.

Ho deciso di evitare le domande banali, tipo chiedergli perché il sodalizio con Lopez e la Marchesini si sia interrotto, così esordisco sull’attuale:

Ho notato, nello spettacolo di stasera e in genere negli spettacoli teatrali "leggeri", una libertà linguistica e di espressione maggiore rispetto agli sketches simili apparsi in tv, e devo dire che ne risente positivamente la comicità. Questo perciò vuol dire che la televisione è ancora soggetta a un certo tipo di censura bigotta…

"La televisione limita già come mezzo: dall’altra parte hai una telecamera, mentre in teatro hai mille e più persone non ammaestrate ad applaudire o a ridere (come accade in tv) che ti danno il loro consenso solo se veramente le hai fatte divertire. In teatro vivi lo spettacolo assieme al pubblico, non c’è niente di artefatto, di registrato, e anche l’attore dà il meglio di se stesso, e quindi è più portato a un certo comportamento libero".

Certo, la tv subisce ancora delle regole di forma che vanno rispettate, sennò non ci si va. Stasera lo spettacolo è andato bene, ma le sarà capitato, magari agli inizi della carriera, di ricevere freddezza invece di applausi.

"Di ricevere freddezza certamente, ma anche di avere poca gente davanti. E’ in questi non felicissimi episodi di partenza però che ti fai le ossa. E’ lì che devi tirare avanti la carretta, anche se c’è meno gente o meno consensi".

Lei non mi sembra particolarmente attratto dal cinema…

"Quella è una non-attrazione reciproca. Io ho fatto un film con la Wertmuller (Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica, con Veronica Pivetti, 1996, ndr) che era anche divertente. Non ne sono seguiti altri però vivo lo stesso, non ci sono problemi".

Anche perché il teatro le dà più soddisfazioni…

"Sì, decisamente".

Cambiamo argomento per un attimo. Non le sembra che il grande proliferare di iniziative benefiche come quella di stasera (che ha fruttato 25 milioni che serviranno per costruire i servizi igienici nell’istituto bielorusso di Asipovicy, dove sono ospitati 300 bimbi orfani o abbandonati dai genitori) voglia dire che lo Stato è assente e che il comune cittadino debba arrangiarsi in mille modi per esprimere la sua solidarietà?

"Sì, purtroppo però è un leit-motiv, si dice sempre così. Bisogna abituarsi a non aspettarsi troppo dallo Stato: se interviene tanto meglio, ma se non lo fa non deve essere un alibi per dire «vabbé, ma io che c’entro». Integrare con iniziative che partano anche dalla base senza aspettarsi sempre gli impulsi e i soldi dal vertice penso che sia una cosa doverosa".

Qual è il rapporto di Tullio Solenghi con la fede?

"E’ un rapporto che io ho anzitutto mediato dai miei genitori, che erano molto assidui. Io sono credente, anche se ogni tanto sono un po’ latitante. Il fatto di aver ereditato questa impronta che riconosco mi fa comunque essere partecipe di un discorso religioso".

Per finire, una delle domande banali che ho cercato di evitare, ma che in certi casi sono necessarie: quale sarà il suo prossimo spettacolo?

"Il prossimo spettacolo non sarà in teatro, ma è un progetto televisivo di fiction che sta andando in porto in questi giorni".

Di cui non diciamo altro…

"No, per il momento no"

(da Adesso n.11 – dicembre 1999)

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    Una risposta a SOLENGHI, TV, TEATRO E CAFFE'

    1. ARNALDOCASALI scrive:

      PUNTATA 136

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