Andrea, perché vuoi uccidere San Valentino?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

di Arnaldo Casali

Chi ha ucciso San Valentino?
Gli antichi romani o i moderni ternani?
L’odio di un imperatore o l’indifferenza di un assessore?

Nessuno è patrono in patria. Questo lo sappiamo bene, ormai: agli inizi del Novecento il Comune di Terni, ferocemente anticlericale, avrebbe voluto far saltare in aria la basilica dove è custodito il corpo di San Valentino, vescovo e patrono della città e protettore degli innamorati di tutto il mondo.

Ma ben  peggio fanno – da almeno vent’anni – gli amministratori che usano il suo nome per distribuire soldi ad iniziative che niente hanno a che fare con la sua valorizzazione.

Ogni assessore ternano, quando si insedia, afferma di voler – finalmente – investire su san Valentino come risorsa culturale, spirituale, turistica e commerciale, fa qualche timido tentativo e nel giro di un anno si rimangia tutto e comincia a spendere soldi pubblici per un carrozzone di eventi che niente hanno a che fare con quel tesoro sepolto dall’indifferenza, l’ottusità, la mancanza di lungimiranza e anche una buona dose di autolesionismo.

Per fare solo un esempio: ogni anno Vinicio Capossela faceva un concerto per San Valentino, con un repertorio a tema, ogni anno in una diversa città e trasmesso a volte anche in diretta radiofonica. Per ben due volte (2001 e 2006) Capossela fece un concerto a Terni nel mese di febbraio, inserito nel programma degli “eventi valentiniani”: in nessuno dei due casi però si trattò del Concerto di San Valentino e lo stesso cantautore, durante l a serata ternana, disse: “Visto che sono nella città di san Valentino, vi farò qualche brano del mio repertorio valentiniano”.

Ancora oggi non mancano le occasioni di valorizzare il personaggio e la festa a costo zero, semplicemente indirizzando meglio le risorse a disposizione e coordinando e promuovendo quelle che già ci sono.

Purtroppo, però, Andrea Giuli, vicesindaco della giunta guidata da Leonardo Latini, nonché assessore alla cultura, al turismo e alla città di San Valentino, sembra fermamente intenzionato a seguire le orme dei suoi predecessori di tutt’altro colore politico. Forse perché i politici cambiano ma i funzionari restano, e alla fine della fiera sono loro a comandare davvero.

Badate bene che è la prima volta che viene coniata una simile delega, e la prima volta che viene affidata all’assessore alla cultura, e la prima volta che l’assessore alla cultura è nientemeno che vicesindaco. Quando la città di Terni era governata dal PD c’era l’assessorato agli eventi valentiniani, che promuoveva un programma di iniziative per animare la città nel mese di febbraio. Iniziative organizzate con più o meno trasparenza, a volte tramite bandi pubblici, altre volte affidate ai soliti noti; raramente avevano a che fare con san Valentino e niente – e sottolineo – niente hanno prodotto sotto il profilo del marketing territoriale: non hanno portato un solo turista o un giornalista in città, non hanno incoraggiato progetti che valorizzassero la figura del celebre patrono, non hanno ridisegnato la vocazione culturale ed economica di un territorio ancorato ad un’industria pesante in caduta libera.

Tanto che ancora oggi – a quattrocento anni dal momento in cui Terni riscoprì il suo patrono, ancora pochissimi – nel mondo – sanno chi era san Valentino e dove si trova la sua tomba.

Insomma gli eventi valentiniani sono stati un fallimentare dispendio di risorse pubbliche. Anche per questo negli ultimi anni l’assessorato è stato abolito: l’idea degli eventi va superata – è stato detto e ripetuto – bisogna puntare alla valorizzazione di questa grande risorsa tutto l’anno, con progetti capaci di attrarre turismo e investitori.

Così, quando la giunta della Grande Svolta si è insediata, al vicesindaco Giuli è stata affidata la delega non agli eventi valentiniani ma alla città di San Valentino.

Compito di Andrea Giuli è dunque – anche formalmente – non quello di organizzare eventi ma quello di ridisegnare l’identità della città di Terni attraverso la figura di un santo patrono che è venerato in tutta Europa e celebrato in tutto il mondo. Ma che ancora nessuno ricollega a Terni.

D’altra parte lasciava ben sperare il fatto che – quando era ancora solo un giornalista e un poeta – Andrea Giuli avesse aderito al festival StraValentino organizzato da un comitato di cittadini proprio per denunciare gli sprechi del Comune di Terni e invocare il ritorno della Fondazione San Valentino, costituita nel 1989 e fatta a pezzi da amministrazioni che hanno preferito gestire direttamente i fondi per farne un uso sfacciatamente politico.

A trent’anni dalla costituzione della Fondazione, e a venti dalla nascita della delega, Terni non offre ancora praticamente nulla a chi voglia avvicinarsi per approfondire la straordinaria figura del suo patrono.

Le uniche iniziative continuano a venire dal Centro Culturale Valentiniano che fa capo alla basilica, artefice della Festa della Promessa che attira fidanzati da tutto il mondo, della rievocazione storica sulla vita e il martirio del santo e di tutte le (poche) immagini che si possono trovare, dalla statua in marmo sulla rotonda Pensa alle vetrate in basilica, una delle quali inaugurata proprio quest’anno.

Per il resto, a parte la Maratona (anch’essa capace davvero di attirare grandi flussi di sportivi), c’è solo il personale impegno di pochi cittadini. Spesso costretti a remare contro corrente e senza nessun aiuto.

Scomparsi il San Valentino d’Oro (premio ideato da Agostino Pensa nel 1969 e che ha portato in città i più grandi nomi della cultura italiana da Alberto Sordi a Mina, da Mario Ridolfi a Lucio Dalla) e il premio per la pace promosso dalla Fondazione (Gorboaciov, Grossman e Faltas tra i premiati), il nulla: né grandi eventi, né gadget, né opere artistiche, né itinerari turistici, né un museo, né prodotti commerciali. Niente di niente. E questo nonostante un modello non sia mancato: l’incredibile opera svolta a Bussolengo dal sindaco Paola Boscaini che in appena tre anni si è guadagnata il titolo di “Città dell’amore” creando un marchio con una decina di prodotti diversi (dai tortellini alle scarpe, dalle monete ai portachiavi passando per profumo, anello, e una rosa appositamente ibridata), una serie di panchine degli innamorati ed eventi che hanno avuto testimonial come Milo Manara, Bruno Prosdocimi e Noa. E nonostante non sia mancato nemmeno l’aiuto, visto che il sottoscritto si è messo a totale e totalmente gratuita disposizione del vicesindaco. E non solo il sottoscritto: si pensi all’ambasciatore Kostabi che ha preso davvero sul serio il suo ruolo, e alla direttrice della Biblioteca, che ha lanciato – per la prima volta – l’idea di un dolce di San Valentino, promuovendo un apposito concorso, il coro di San Francesco, il Gruppo Archeologico e i tanti commercianti che stanno faticosamente cercando di fare rete, ignorati dalle istituzioni.

Al suo primo San Valentino da assessore, effettivamente, Giuli sembrava partito lentamente ma con una certa buona volontà: aveva sposato, almeno sulla carta, un progetto che comprendeva itinerari che – nel segno del santo – legassero tutti i reperti romani della città e del comprensorio (da Carsualae alla Cascata delle Marmore passando per il Museo Archeologico e l’anfiteatro), un museo di San Valentino, panchine degli innamorati da collocare nei luoghi legati alle leggende sul santo, bandi per progetti a tema, un marchio che – seguendo l’esempio di Bussolengo – firmasse una linea di prodotti realizzati da artigiani e aziende locali, e ancora gemellaggi con tutte le città legate a san Valentino nel mondo e molto altro; aveva poi promosso la pubblicazione di un libro funzionale all’attuazione di questo stesso progetto e affidato all’artista americano Mark Kostabi il ruolo di ambasciatore di San Valentino nel mondo, collocando una sua scultura in bronzo in una delle piazze principali della città e commissionandogli un quadro che lega il vescovo martire alla città di Terni e agli innamorati (e del quale – peraltro – si sono perse le tracce).

A distanza di un anno, quel poco è diventato nulla: Giuli ha organizzato l’ennesimo carrozzone di appuntamenti che nulla hanno a che fare con san Valentino, né tanto meno con la sua valorizzazione. E che peraltro, hanno avuto un mediocre riscontro in termini di pubblico, con il teatro quasi sempre mezzo vuoto e un’affluenza in qualche caso addirittura imbarazzante.

Molto più apprezzamento hanno riscosso invece le luminarie e il videomapping del palazzo Comunale che ormai sembrano diventate la cifra stilistica dell’assessore alla cultura. Con la differenza che se gli addobbi natalizi, insieme a stelline colorate, avevano anche raffigurazioni della Natività, quelli valentiniani – nel solco della tradizione comunista e post-comunista – hanno offerto solo cuori, cuoricini, cuoricini e cuori, come quelli che si trovano in qualsiasi altra città del mondo a San Valentino. Del personaggio, invece, nemmeno l’ombra. Così come latitante resta un marchio che identifichi san Valentino. E questo nonostante il simbolo sia stato già individuato – la rosa – e il logo realizzato da Valentino Maltese, già messo a disposizione (ancora una volta, del tutto gratuitamente) del Comune e persino stampato sulla copertina del libro Sulle tracce di Valentino. Nonostante questo si continuano ad utilizzare mille marchi diversi, e tutti basati sui soliti squallidi cuoricini.

Il Valentine Fest, per inciso, è un’idea del sottoscritto e nell’ambito del progetto regalato all’assessore Giuli doveva essere la punta dell’iceberg: il momento in cui il Comune di Terni presenta i nuovi progetti riguardanti la promozione di san Valentino e – al tempo stesso – raccoglie, valorizza e sostiene le iniziative organizzate dalle tante realtà culturali ternane più centrate sulla figura e la festa di San Valentino.

Il costoso carrozzone pieno di vip e di arte varia messo in piedi dall’assessorato (e che a questo punto sarebbe stato meglio avesse mantenuto il nome originariamente scelto da Giuli di Festival del sentimento) è esattamente il contrario: una serie di appuntamenti organizzati direttamente dal Comune (senza, peraltro, alcun tipo di bando o coinvolgimento della cittadinanza) in cui non si trova traccia nemmeno del nome, di san Valentino. In compenso gli appuntamenti finanziati dal Comune si vanno a sovrapporre agli eventi organizzati da altre realtà culturali, spesso anche di grande rilievo: basti pensare al paradosso di domenica 16 febbraio, quando l’incontro con Gian Antonio Stella (niente a che fare con il santo, ovviamente) ha fatto concorrenza ad uno degli appuntamenti più importanti, organizzato dalla Diocesi: il concerto con le musiche di Mozart nella Chiesa di San Francesco. Colmo del paradosso, al concerto ha partecipato – con una prima esecuzione assoluta di un suo brano – lo stesso ambasciatore di San Valentino nel mondo mentre il sottoscritto ha presentato il libro pubblicato dal Comune e il cui ricavato è andato interamente – compresi i diritti d’autore – alla Biblioteca comunale per l’acquisto di libri.

Anziché coordinare, sostenere e promuovere i grandi eventi organizzati in città, quindi, il Comune gli fa concorrenza con i suoi; anziché usare i (pochi o tanti che siano) soldi a sua disposizione per fare di Valentino una risorsa culturale, turistica ed economica, Andrea Giuli preferisce organizzare un po’ di intrattenimento per una  platea già asfissiata da altre iniziative.

In che cosa, di grazia, ci si è evoluti non dico rispetto agli eventi valentiniani (che – ogni tanto – di san Valentino si occupavano) ma rispetto alla tradizionale fiera con la porchetta?

Il fatto che quest’anno la “grande notizia” data in pasto ai giornali sia stata che Terni cerca un gemellaggio con una città americana (cerca, chiaro? Cerca ancora, mentre continuano ad essere ignorati tutti i partner con cui è stato già avviato un rapporto) è la sintesi dell’azione di Giuli: in apparenza vorrei ma non posso. Nella realtà – e io che ho cercato in ogni modo di aiutarlo lo posso dire a gran voce – potrei ma non voglio.

 

    Questa voce è stata pubblicata in editoriali. Contrassegna il permalink.

    I commenti sono chiusi.