San Valentino, alla scoperta del Santo innamorato

di Chiara Rossi

San Valentino: da Interamna a Verona nell’appassionante romanzo di Arnaldo Casali. A quattro anni dalla sua pubblicazione, Valentino. Il segreto del santo innamorato di Arnaldo Casali (Dalia edizioni) continua a riscuotere consensi e valica i confini della città in grande stile:  il Comune di Bussolengo (Verona) lo ha addirittura eletto a fulcro del proprio rilancio economico e turistico, con la nascita del marchio “La rosa di San Valentino”. Ne parliamo con l’autore.

Valentino. Il segreto​ del Santo innamorato è un romanzo ma in realtà si basa su approfondite ricerche storiche: cosa hai scoperto riguardo questa figura che ancora non era stato svelato?

“Direi che la notizia più clamorosa è che Valentino era sposato. Confesso che all’inizio voleva essere una provocazione: di solito il Santo degli innamorati viene ritratto come il vecchio vescovo che benedice le coppie; ma come fai ad aiutare gli innamorati se non sai che cosa significa essere innamorato? Così avevo pensato di inventarmi un amore giovanile, molto romantico. Invece, approfondendo gli studi, ho scoperto che Valentino era addirittura sposato: tutti i vescovi e tutti i preti, ai suoi tempi, lo erano e proprio sotto la basilica di San Valentino a Terni è stata trovata la tomba di una “venerabile donna vescova”, ovvero la moglie del Vescovo”.

Quanta verità c’è nella leggenda ormai nota a tutti?

“Sotto il profilo storico, non molta: i documenti su di lui sono pochissimi: di fatto l’unica certezza è che si chiamava Valentino, è morto il 14 febbraio ed era vescovo di Terni: tutto il resto è discutibile. Persino il periodo in cui è vissuto è oggetto di dibattito tra gli storici: tradizionalmente la sua morte si colloca nel 273 ma gli studi più recenti – emersi in un convegno promosso dalla Diocesi nel 2010 – la posticipano addirittura di due secoli, stravolgendo, peraltro, il senso del suo martirio: se Valentino è morto nel IV o V secolo, infatti, non sarebbe stato giustiziato dai romani nell’ambito delle persecuzioni contro i cristiani, ma sarebbe stato vittima di un agguato dovuto a conflitti interni alla stessa comunità cristiana, o forse a scontri con l’eresia ariana. Se questa ipotesi fosse reale dovremmo fondere le due figure di Valentino I e Valentino II che figurano nella cronotassi ufficiale dei vescovi di Terni; e che, guarda caso, hanno entrambi come successore un vescovo chiamato Procolo. D’altra parte l’esistenza dei personaggi che compaiono nella leggenda ufficiale è documentata nel IV secolo e nella Passio Sancti Valentini il santo viene ucciso di notte sulla via Flaminia. Ma perché uccidere di nascosto un condannato a morte? Va anche detto che esistono due santi con questo nome, celebrati entrambi il 14 febbraio: uno vescovo di Terni e l’altro prete di Roma. Per anni gli storici si sono interrogati su questo enigma: un convegno del 1994 aveva risolto la questione ipotizzando che Valentino fosse vissuto a Roma prima di diventare vescovo a Terni, e che – di conseguenza – si fossero sviluppati due culti separati dello stesso santo. Gli studi più recenti, invece, sostengono che Valentino sia morto nell’alto medioevo, ma che sia stato confuso con un martire romano omonimo, ucciso sotto l’imperatore Aureliano”.

Il tuo libro, però, non segue questa nuova versione ma quella tradizionale.

“Perché si tratta di un’ipotesi storica ancora in fase di discussione, e io non volevo scrivere un saggio accademico ma raccontare il santo che conosciamo. Peraltro mi affascinava molto l’idea di scrivere un romanzo ambientato nell’antica Roma, perché è un periodo storico lontano eppure vicinissimo al nostro. Mi ha sorpreso scoprire quanto la società romana fosse simile a quella attuale: lo stadio, i tifosi, il divorzio, le piazze, i condomini, il mercato, le botteghe, le elezioni politiche, i bar, i ristoranti, ma anche il Natale e il Carnevale… i romani vivevano davvero come noi ed è stato divertente giocare tracciando un parallelo con l’attualità: i cristiani di allora venivano visti dai pagani esattamente come noi vediamo i musulmani; era la religione venuta dall’oriente per distruggere le tradizioni e imporre una morale oscurantista, qualche volta anche con la violenza. Ma ci ho visto anche delle affinità con i grillini, perché i cristiani erano un nuovo movimento che rifiutava qualsiasi compromesso con la società esistente e pretendeva un cambiamento radicale anche se in realtà ha raggiunto il potere quando si è perfettamente integrato. Basti pensare che l’idea stessa di costruire delle chiese in mattoni, ai tempi di Valentino, era un’eresia. Conoscere la storia ci aiuta a capire il presente e anche a prevedere il futuro: avere paura dell’invasione islamica, ad esempio, è del tutto insensato perché se anche i musulmani dovessero diventare la maggioranza, si cristianizzeranno esattamente come i cristiani si sono paganizzati. Nel mio libro Valentino incarna il cristianesimo “moderato”, mentre Tertulliano quello più fanatico e intollerante”.

Chi era veramente Valentino?

“Questo non lo sapremo mai. Ma in fondo proprio questo è il bello: Valentino è un santo in massima parte leggendario, e questo ci permette far evolvere la sua leggenda senza mancare di rispetto alla verità: il mio libro non pretende di essere vero ma verosimile: quasi nulla di quanto ho scritto può trovare conferma, ma ancora meno può essere smentito. Ci sono personaggi storici di cui sappiamo tutto: io ho fatto la tesi di laurea su Francesco d’Assisi e mi irrito ogni volta che vedo, al cinema, a teatro o in un libro delle invenzioni su di lui, perché su Francesco sappiamo tutto ma proprio tutto, ed è un personaggio estremamente affascinante mentre quello che ci viene raccontato abitualmente è frutto di invenzione, e l’invenzione spesso è più banale della realtà. Di Tertulliano abbiamo tutti gli scritti, quindi possiamo ricostruire la sua personalità nei minimi dettagli; Valentino, invece, è un po’ come Robin Hood: è un personaggio che ha una base storica ma tutte le cose più interessanti che conosciamo di lui sono frutto di leggende. Ma attenzione: leggende stratificate nel tempo, ed è questo che lo rende unico. Di santa Cecilia e san Lorenzo (altri personaggi del romanzo) abbiamo solo gli antichi martirologi. Valentino, invece, è un personaggio costruito attraverso i secoli: la passione ufficiale (l’unica riconosciuta dalla Chiesa) risale al IV secolo, ma le leggende che ne parlano come patrono degli innamorati arrivano nel 1600 dall’Inghilterra, quelle sulla sua giovinezza nascono a Foligno sempre nel Seicento, mentre la più celebre di tutti – quella di Sabino e Serapia – è nata addirittura nel Novecento, dopo il ritrovamento di una coppia di scheletri nella necropoli delle acciaierie. Io, per il romanzo, ho ripreso anche il poemetto Il giardino di Valentino scritto dal giullare francese Alban Guillon nel 2009. Per questo quando mi chiedono se la mia è una versione “romanzata” della vita di Valentino dico che non è assolutamente così: perché io non ho stravolto la realtà per fini letterari, ma al contrario, ho cercato di estrapolare la realtà dalle leggende. D’altra parte l’unico modo per ricostruire l’identità di un personaggio così misterioso è quella di indagare la leggenda seguendo un metodo storico”.

Qual è l’episodio o la parte che ti ha colpito di più durante la stesura?

“Senza dubbio il legame con William Shakespeare. C’erano diversi elementi che mi avevano incuriosito: Shakespeare, nell’Amleto, è il primo scrittore ad associare il giorno di San Valentino alla festa degli innamorati; la leggenda di Sabino e Serapia sembra ricalcare perfettamente quella di Romeo e Giulietta, il protagonista di una delle prime opere di Shakespeare – I due gentiluomini di Verona – si chiama Valentino ed è innamorato di una ragazza chiamata Silvia, proprio come la moglie del santo nel mio libro. E a Bussolengo – una cittadina a pochi passi da Verona – il patrono è lo stesso San Valentino: davvero una serie di coincidenze molto curiose. Ci ho lavorato a lungo per ricostruire il ruolo rivestito dal Bardo nella trasformazione di San Valentino (che fino alla fine del Medioevo è un santo taumaturgo che nulla ha a che fare con l’amore) nel protettore degli innamorati, grazie a una scoperta effettuata da Shakespeare nella chiesa di San Valentino a Bussolengo; un edificio, peraltro, che è un tesoro preziosissimo di arte perché contiene le più antiche e le più numerose raffigurazioni di San Valentino: pensa, ben tre cicli di affreschi risalenti al Quattrocento, oltre che una statua lignea!

Devo anche sottolineare che il Comune, a differenza di quello di Terni, ha saputo valorizzare la figura del patrono e il mio stesso libro facendone il fulcro di un rilancio economico e turistico di Bussolengo, che il Corriere della sera definisce oggi “La città dell’amore”. Proprio basandosi sui contenuti di Valentino. Il segreto del santo innamorato, infatti, il sindaco Paola Boscaini ha creato lo scorso anno un marchio – chiamato “La rosa di San Valentino” – associato a prodotti a tema realizzati da aziende locali, che spaziano dai tortellini alle scarpe da donna, dai portachiavi al profumo “Serapia” fino agli anelli di fidanzamento e alla rosa ufficiale di San Valentino, selezionata proprio per essere quanto di più simile a quella che Valentino donava agli innamorati. Il marchio è utilizzato poi per eventi di ogni genere che comprendono  gemellaggi tra tutte le città devote a San Valentino. Io nel libro parlo anche di Dublino (dove sono venerate delle reliquie) ma più recentemente ho scoperto che sono moltissime in Europa le città che hanno come patrono Valentino: dall’Inghilterra alla Scozia, dalla Francia all’Austria fino a Russia e Polonia. La mia speranza è che il libro (di cui peraltro sto scrivendo il seguito!) possa contribuire a trasformare un nome che tutti festeggiano ma che nessuno conosce, in un uomo, un volto e una storia di cui innamorarsi”.

 

 

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