QUELLA LETTERA DI LORIS CAPOVILLA CHE CI CAMBIO’ LA VITA

di Arnaldo Casali 

“Caro direttore,
ho ricevuto “Adesso” di settembre 2000.
Le sono molto grato, ho letto tutto, anche tra le righe. Il ‘mestiere’ del cristiano è davvero difficile, spesso drammatico. Cordiali saluti, suo affezionatissimo
Loris Francesco Capovilla, arcivescovo di Mesembria”.

Datata 4 ottobre 2000,  giorno San Francesco, questa lettera ha rappresentato uno dei momenti più emozionanti della mia vita di giornalista e una tappa fondamentale della storia di “Adesso”.

La rivista era stata fondata un anno e mezzo prima a Terni da don Ciro Miele, e aveva ripreso la testata e lo spirito del leggendario periodico di don Primo Mazzolari, che aveva segnato la storia della chiesa italiana del Novecento, anticipando di decenni il Concilio Vaticano II, il dialogo con i comunisti, l’ecumenismo, l’antimilitarismo cristiano.

Di quella rivista noi avevamo sentito parlare, ma non l’avevamo mai nemmeno vista: eravamo un gruppo di giovani universitari e giornalisti tra i venti e i trent’anni di età, e quando il Vaticano era riuscito a far chiudere “Adesso” – nel 1962 – nessuno di noi era ancora nato. Per questo in dal primo numero Ciro aveva messo le mani avanti: “Noi non diciamo di continuare quell’esperienza editoriale, non siamo cioè gli eredi di Mazzolari: primo, perché non ne saremmo capaci, e poi non vorremmo urtare la suscettibilità di coloro che ebbero grande stima di quel prete e dei suoi scritti. Di quel giornale, però, oltre al nome, vogliamo cogliere quello spirito profetico di andare contro corrente, di non essere omogeneo agli schemi del mondo”.

Loris Capovilla, segretario personale di Giovanni XXIII, di don Primo Mazzolari era stato grande amico ed estimatore. Era stato proprio lui l’artefice della riconciliazione tra il Vaticano e il profeta di Bozzolo: don Loris aveva messo fine a decenni di persecuzioni organizzando – non senza  dribblare a fatica i corvi del Vaticano –  l’incontro tra il parroco di Bozzolo e papa Roncalli, che lo aveva definito “Tromba dello Spirito Santo”. A don Loris è rimasto sempre il rimpianto, invece, di non essersi adoperato per un analoga riconciliazione con don Lorenzo Milani: “Ho fatto poco per lui” ha confessato una volta: “Vittima dell’ambiente, non osai recarmi a Barbiana”, anche se rispose personalmente alle lettere inviate da don Milani al papa, anziché inoltrarle alla segreteria di Stato.

Nato in provincia di Padova nel 1915, Loris Capovilla era stato ordinato prete nel 1940 e durante la Seconda guerra mondiale aveva prestato servizio militare in aviazione salvando molti uomini dall’internamento in Germania.

Giornalista dal 1950, era stato direttore del settimanale diocesano di Venezia e nel 1953 diventa segretario personale del patriarca Angelo Giuseppe Roncalli, che nel 1958 segue a Roma per il conclave in cui sarà eletto papa.

Dopo la morte di papa Giovanni nel 1963, Capovilla rimane in Vaticano con altri incarichi fino a quando – nel 1967 – Paolo VI non lo nomina arcivescovo di Chieti, promuovendolo – nel 1971 –  a Loreto.

Nel 1988 si dimette per raggiunti limiti di età: gli rimane il titolo di arcivescovo della sede titolare (cioè antica diocesi non più esistente) di Mesembria, lo stesso che aveva avuto Roncalli quando era nunzio apostolico, e si ritira a Sotto il monte, il paese natale del “papa buono”, occupandosi di custodire la sua memoria. Nel 2002 viene interpretato da Paolo Gasparini nella fiction Papa Giovanni diretta da Giorgio Capitani e trasmessa da Rai Uno e nel 2003 da Roberto Citran in Il papa buono di Ricky Tognazzi (in cui Bob Hoskins è Giovanni XXIII) trasmessa da Canale 5.

Il 12 gennaio 2014 papa Francesco lo nomina cardinale, assegnandogli il titolo di Santa Maria in Trastevere, la basilica romana di cui era stato parroco Vincenzo Paglia prima di diventare vescovo di Terni,  proprio pochi mesi prima l’arrivo – nella redazione di “Adesso” – di quella inaspettata lettera. Una lettera che avrebbe cambiato completamente la storia della nostra rivista, incoraggiandoci a seguire davvero le orme di Mazzolari: dopo di allora ci saremmo messi alla ricerca delle copie ancora esistenti e della ristampa anastatica di “Adesso” curata dalle Dehoniane, avremmo stretto rapporti con la Fondazione Mazzolari, con i discepoli di Mazzolari e con gli ex redattori del suo “Adesso”.

Nel numero a cui si riferisce don Capovilla nella sua lettera, si parlava di Luis Bunuel, Helder Camara (altro grande vescovo americano), c’era una critica alla Giornata Mondiale della Gioventù di Roma (in cui proponevamo una Giornata mondiale della gioventù in Africa: “La organizzeremmo alla rovescia: non i ragazzi dei paesi poveri a Roma, dove possono imparare soltanto il lusso e lo spreco, ma i ragazzi dei paesi ricchi in Sierra Leone, dove i principini europei e nordamericani potrebbero guardare da vicino la sofferenza degli uomini mutilati dalla guerra, e dove uomini e bestie muoiono di sete. Per organizzare un Giubileo in quei posti la chiesa dovrebbe giocoforza costruire infrastrutture per l’accoglienza dei pellegrini”) e una lettera di Alex Zanotelli a Walter Veltroni.

Ma soprattutto, c’era un editoriale – chiamato “La par condicio dei santi” – dedicato alla beatificazione, da parte di Giovanni Paolo II, di Giovanni XXIII e Pio IX.

“Difficile immaginare due personaggi più agli antipodi: Pio IX condannò la libertà religiosa come un delirio ereticale, papa Giovanni volle un concilio per proclamarla: Pio IX condannò nel Sillabo tutti gli errori del mondo, papa Giovanni nel Concilio affermò che la Chiesa doveva rinunciare ad anatemi e scomuniche e dialogare col mondo. Pio IX condannò l’idea che un papa possa riconciliarsi con il progresso, papa Giovanni nel Concilio disse “La tradizione è il progresso che ha fatto ieri e il progresso che noi dobbiamo fare oggi sarà la tradizione di domani”.

“D’altra parte – continua l’editoriale – probabilmente sono ancora molti i prelati che concordano con il cardinale che alla morte del ‘papa buono’ disse: ‘Ci vorranno cinquant’anni per rimediare ai guasti che ha fatto alla Chiesa nei cinque anni del suo pontificato’. E così, per non lanciare solo l’immagine di una Chiesa umile, aperta e disarmata, si eleva agli altari anche colui che ha rafforzato, col dogma dell’infallibilità, l’autorità morale del Papato”.

Molti anni dopo quella lettera, monsignor Capovilla tornò a scrivere alla nostra redazione, questa volta per un motivo ben diverso: ci chiedeva di togliere il suo nome dall’indirizzario; non perché non apprezzasse più la nostra linea editoriale, ma perché si sentiva ormai prossimo alla morte: “Quando sono diventato vescovo per molti anni ho continuato a ricevere pubblicazioni destinate al mio predecessore, ormai scomparso da tempo. Non voglio che questo accada anche a chi sarà qui dopo di me”. “Per questo – spiegava – ho deciso di disdire gli abbonamenti a tutte le riviste che ricevo, e passare il tempo che mi resta ritirato nella preghiera”.

Di tempo, in realtà, gliene restava molto più di quanto l’anziano vescovo potesse immaginare. In quel periodo di silenzio e preghiera ha avuto occasione di vedere salire sul soglio di Pietro un papa che – a cinquant’anni dalla morte di Roncalli – ne ha finalmente ripreso il cammino. Ma ha anche visto proclamato santo l’uomo che aveva affiancato per dieci anni, con tanto di “sconto” sui miracoli da parte del nuovo papa.

E ha fatto in tempo, don Loris, anche a lasciarci un ultimo segno forte, nella linea di Giovanni e di Francesco (sarà un caso se Giovanni era il vero nome di Francesco d’Assisi?): il 14 ottobre 2015 ha festeggiato il secolo di vita con i profughi ospitati a Sotto il Monte. “Sono contento di essere vissuto in questo mondo – commentava – nel ricordo di tutta la mia vita non ho visto mai una persona antipatica, una patria che non mi piace. Tutto quello che è della creazione è dono di Dio. In ognuno di noi c’è qualcosa di buono”. A chi gli chiedeva se nei suoi cento anni si sentiva ancora ottimista, rispondeva: “Scusa, come posso essere pessimista io, dopo aver incontrato uomini come papa Giovanni, Paolo VI, gli altri papi, Giorgio La Pira, Giuseppe Lazzati, Giuseppe Dossetti, Alcide De Gasperi, Aldo Moro. No, non siamo allo sbando. La nostra storia è storia di bellezza, di verità, di giustizia e di amore. Noi intendiamo ancora calcare queste orme. E andare ben oltre. In comunione con gli uomini e donne di buona volontà appartenenti a tutte le nazioni”.

Loris Capovilla è morto il 26 maggio 2016, solennità del Corpus Domini, in una clinica di Bergamo. “Penso con affetto a questo caro fratello che nella sua lunga e feconda esistenza ha testimoniato con gioia il Vangelo – ha commentato papa Francesco – e servito docilmente la Chiesa, nel segno di una solida fedeltà alla bussola del Concilio Vaticano II”.

 

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