Pillonfobia a fin di bene

di Arnaldo Casali

Nella puntata del 18 aprile di Che tempo che fa Roberto Saviano ha fatto un bellissimo discorso su quello che ha chiamato virus dell’odio: quella ricerca di un nemico che porta a confezionare bufale da servire poi all’indignazione generale e alle strumentalizzazioni politiche.

Il problema è che la ricerca di un nemico, la disinformazione, le fake news e le strumentalizzazioni politiche, non riguardano solo gli stranieri o gli ebrei, di cui parla Saviano: Riguardano Tutto.

Mi rendo conto che è scomodo e impopolare dirlo, ma riguardano anche il razzismo, l’omofobia e il patriarcato.

E le campagne di odio, quelle frotte di odiatori che prendono di mira Liliana Segre o lo stesso Saviano, sono speculari a quelle che prendono d’assalto altri personaggi, bullizzati e insultati per le loro idee. Personaggi che vengono trattati come un vero e proprio vessillo nemico da infangare.

Uno di questi è il senatore Pillon. Più famigerato che famoso, è una sorta di simbolo del male, conosciuto in gran parte grazie a quelli che lo attaccano, un personaggio il cui potere politico e visibilità mediatica sono decisamente sproporzionati rispetto alla mole di attenzione che gli viene rivolta dai suoi nemici.

Pillon non è un politico, non è un opinionista: Pillon è un simbolo, ormai è quasi un aggettivo, un appellativo per definire la peggior specie di omofobo. E se Saviano a inizio puntata stigmatizza questo genere di campagne di odio, Luciana Littizzetto – alla fine – se ne farà, come vedremo, essa stessa portavoce. Anche nel modo di fare disinformazione sulla legge Zan e sull’omofobia.

Ma veniamo alle bufale, alle fake news costruite per rafforzare pregiudizi e alimentare la propaganda politica.

Ogni volta che in Parlamento si discute la legge Zan, escono puntualmente fuori finte aggressioni omofobe che fanno il giro dei giornali e scatenano cori di indignazioni e strumentalizzazioni di ordinanza.

La ragione è esattamente la stessa di quella che denuncia Saviano e cioè la ricerca di un nemico: c’è chi come nemico cerca lo straniero e chi come nemico cerca il razzista, l’omofobo, il maschilista, e quando non lo trova se lo inventa.

Ne sono la prova il più recente caso di presunta aggressione omofoba, così come il titolo stesso del libro di Michela Murgia “Stai zitta” (che fa riferimento ad un episodio di sessismo altrettanto presunto e fasullo).

Io personalmente continuo a pensare che chi vuole la pace non possa usare le stesse armi di chi vuole la guerra, penso che la strategia dell’intolleranza con gli intolleranti resti fallimentare, la doppia morale sia ipocrita e la logica dell’ “a fin di bene” resti perversa.

Un falso non può essere usato per sostenere una buona causa. Il fine non giustifica i mezzi.

Dunque: un anno e mezzo fa circa un gruppo di ragazzi viene inseguito e picchiato da un altro gruppo di ragazzi. La motivazione, secondo la prima versione uscita sui giornali, era omofobia, perché uno dei ragazzi picchiati era gay. Successivamente si scopre che si è trattato di una rissa tra ubriachi e che alla fine una delle due bande aveva avuto la peggio. Tra i molti insulti volati durante la rissa ce ne era, probabilmente, anche qualcuno indirizzato al gay. Ma chissà quanti altri insulti di matrice etnica o politica, e chissà quanto body shaming è volato quella sera, senza riempire i titoli dei giornali né sostenere leggi in discussione in Parlamento.

Quando si insulta qualcosa si deve pur dire: allora è dalla logica dell’insulto che bisogna uscire, non certo discriminare le categorie sociali degli insultati dividendo tra insulti buoni (contro i fascisti o contro i malati psichiatrici) e insulti cattivi (contro donne, gay, disabili, ebrei, neri, obesi e così via).

Poi ci sono insulti legittimi o meno a seconda di chi ne è la vittima: “isterico”, per esempio, si può dire a un uomo ma non ad una donna. Allo stesso modo, gli insulti omofobi possono essere rivolti solo contro omofobi e presunti tali.

Un mese e mezzo fa circa una coppia gay viene aggredita in metropolitana da un uomo infastidito da un loro bacio. La vittima è un attivista LGBT, rifugiato dal Nicaragua (perché lì, dice, gli omosessuali vengono perseguitati) che rilascia interviste in cui sottolinea l’urgenza dell’approvazione della legge Zan. Circola anche il video dell’aggressione. Solo che nel video non ci sono insulti omofobi e nemmeno un pestaggio: si vede un uomo attraversare i binari della metropolitana e tentare di aggredire un altro, il quale si difende con mosse di karate e pugilato e insulta l’aggressore dandogli del pazzo, mentre il compagno continua a chiedergli di andarsene via.

Nei giorni successivi viene identificato l’aggressore, che – qualche minuto prima della coppia gay – aveva aggredito anche una donna.

Più che un omofobo, quindi, si tratta di un matto che va in giro ad aggredire la gente senza motivo. Dal momento in cui la legge Zan punisce gli insulti tanto ai gay quanto ai disabili, in questo caso entrambi i protagonisti dello scontro andrebbero sanzionati, visto che c’è un matto che insulta un gay e un gay che insulta un matto.

Quando al Nicaragua, l’omosessualità è legale dal 2008 e su internet si trovano persino guide per i migliori locali gay. Quando l’omosessualità è stata legalizzata il protagonista di questa storia aveva 10 anni.

Come dicevano di questa doppia morale si fa portavoce, al termine della stessa puntata di Che tempo che fa Luciana Littizzetto, che conclude il suo monologo con una tirata contro il senatore leghista Pillon, facendo del body shaming ai suoi danni, snocciolando una serie di falsità sulla stessa legge Zan, e confondendo maliziosamente i diritti civili degli omosessuali, aggressioni fisiche o verbali e posizioni politiche. E confermando quindi che deve essere reato prendere in giro un gay, mentre è lecito prendere in giro un calvo, magari anche dicendogli che è un gay represso.

Qualche settimana più tardi, Fedez diventerà protagonista delle cronache per un presunto tentativo di censura subito dalla Rai, per impedirgli di insultare pubblicamente i critici della legge Zan; negli stessi giorni un’analoga censura veniva invocata nei confronti dei comici Pio e Amedeo, che nel loro spettacolo si erano scagliati contro il linguaggio politicamente corretto, in particolare riguardo a gay e omosessuali.

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