NAPOLI VELATA


di Arnaldo Casali

Sono entrato in sala e ho trovato un tizio che faceva un cunnilingus a Giovanna Mezzogiorno. Beh, cominciamo bene, mi sono detto.

Poi Giovanna Mezzogiorno lecca il cuo del tizio per dieci minuti. Poi dopo un altro quarto d’ora di sesso sfrenato davanti, didietro e di lato si addormentano e la mattina lui – cucciolone – le porta il caffè a letto. A quel punto Giovanna Mezzogiorno, per la prima volta in vent’anni di cinema, sorride. Ma niente paura, lui muore subito. Ooops. Ho spoilerato? No, no, tranquilli, tanto ci sono una valanga di colpi di scena, e qualcuno devo essermelo perso quando mi sono addormentato, tipo  la morte di Peppe Barra. Oops. Spoilerato di nuovo? No, tanto ai fini della storia non serve a niente. Come, d’altra parte, anche il resto della storia non serve a niente, ai fini della storia.

Comunque, dopo il caffè, Ultimo tango a Napoli si trasforma in Una notte al Museo, dove lui le ha dato appuntamento ma non si presenta. Lei è triste perché pensa che lui le ha dato buca, invece poi per fortuna scopre che è morto ammazzato. Peraltro lo scopre nel modo più simpatico: lei fa il medico legale e non si ritrova a fare l’autopsia proprio sul corpo del suo amante che, anche se sfigurato, identifica grazie alle inconfondibili chiappe?

Così Una notte al Museo diventa Giallo a Napoli, ma poi diventa subito La Grande Bellezza, e poi Volver di Almodovar. Arrivano i fantasmi, che forse non sono fantasmi, o forse sì:a un certo punto il film sembra trasformarsi nella Donna che visse due volte e allora lì un pochino inizi ad appassionarti.

Invece poi si scopre che lei è semplicemente una sciroccata con l’esaurimento nervoso. E finisce lì.

Comunque Giovanna Mezzogiorno è sempre bellissima, sempre bravissima e sempre con la faccia afflitta. Così tanto afflitta che uscito dal cinema avevo voglia di dirle: “Giovà, ma perché non usciamo un po’ insieme? Guarda che io so’ uno che fa ride!”

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