L'ULTIMO GRANDE TESTIMONE DELLA CARITA'

Il 7 aprile scorso la Basilica di Santa Croce in Gerusalemme è stata teatro di un evento raro e difficilmente ripetibile. Per una volta ai primi posti della chiesa sedevano gli ultimi, i disabili e i senza fissa dimora, venuti ad ascoltare “L’apostolo dei clochard”: l’Abbé Pierre, che è intervenuto in una veglia di preghiera organizzata dalla Caritas diocesana e presieduta da monsignor Guerino Di Tora.

La scelta delle letture è incentrata sui valori di solidarietà e fratellanza: L’Inno alla carità'(I Cor,13,1), il passo del Levitico in cui Dio istituisce il Giubileo (Lv 25, 8-14), il passo di S.Giacomo sull’importanza delle opere (Gc 2, 14-26), la parabola del buon Samaritano (Lc 10, 25-37). 

Dopo le letture l’Abbé Pierre prende posto su una sedia davanti all’altare ed è splendido il contrasto tra i suoi 88 anni, ornati da una barba canuta e fluente, e la fresca giovinezza dei ragazzi che gli fanno da cornice ai due lati dell’altare.
Monsignor Di Tora lo definisce “L’ultimo grande testimone della carità”.  
«Vi ricorderò – comincia l’Abbé – tre momenti che io ho vissuto. Una volta un mio compagno mi disse “Dio, Dio, cosa significa?”. Io gli ho risposto così: “Qualche giorno fa tu ed io abbiamo avuto una giornata molto dura in cui abbiamo preparato una casa per degli anziani poveri. Quando siamo ritornati a casa stanchi, infreddoliti e digiuni, tu mi hai detto: “Padre, cosa ne pensi di questa giornata?”, ed io ti ho detto: “Non dimenticare mai questa gioia superiore a tutte le altre gioie: tu non hai guadagnato nulla, ma hai amato. Questa felicità è un regalo di Dio, che si è fatto conoscere a te attraverso il dono che oggi ti ha fatto scegliere la saggezza. La saggezza non significa saper evitare le stupidaggini: la saggezza è la capacità di gustare quanto è bello amare. Questa saggezza ti fa capire cosa significa Dio”.

Un’altra volta stavamo costruendo una casa per i senzatetto ed avevamo finito i blocchi di cemento. Allora un mio compagno mi dice di andarli a chiedere ad un muratore, che però era un gran mangiapreti. Io vado. Lui mi fa entrare e comincia a raccontarmi uno dei motivi della sua avversione ai preti: poco tempo prima era morto un industriale, considerato un bruto e un dissoluto dai suoi dipendenti, eppure al suo funerale era venuto il Vescovo e 5 preti; invece, al funerale di una povera donna, amata e stimata da tutti nel quartiere, che aveva curato per anni il marito malato, era venuto un solo prete e se l’era cavata con tre spruzzi d’acqua santa. A questo punto il muratore batte il pugno sul tavolo e dice: “Non va bene come fanno loro!”. Non dice: “Come dicono” o “Come insegnano”, ma: “Come fanno”. Poi mi dà i blocchi di cemento e non vuole essere pagato. Alla fine, mi afferra le spalle e dice: “Non so se il buon Dio esiste, ma sono sicuro che, se esiste, è quello che state facendo”.
La terza è accaduta poco tempo fa.
Dovevo trovarmi alla televisione e c’erano anche altre persone che dovevano essere intervistate con me. Mi dicono: attenzione, c’è un attore molto celebre che ha molta collera, che parla spesso male dei preti. Al momento di parlare dico: “Quello che nella mia vecchiaia voglio dire è che la vita è un poco di tempo donato a delle Libertà, per – se tu lo vuoi – imparare ad amare”.

Cade subito dopo un silenzio nella trasmissione televisiva, ma dopo questo silenzio inizia a parlare l’attore che mi era stato dipinto come un duro e un collerico e dice, pubblicamente, davanti alle telecamere: “Perché non mi hanno insegnato questo quando ero bambino?”.
E allora stiamo attenti ad emettere facili giudizi contro i nostri fratelli. Preghiamo affinché Dio ci doni di essere l’immagine Sua nonostante i nostri difetti e i nostri peccati. Non ci siamo solo noi ad avere il privilegio di conoscere qualche cosa di Dio attraverso Gesù nostro Signore. Non siamo solo noi gli unici  buoni, gli unici a volere servire gli infelici e i più poveri. Vicino a noi ci sono degli altri, anche loro ad immagine di Dio perché amano, ma non nella teoria. Essi non saprebbero spiegarlo, ma quello che noi riusciamo a spiegare è solo per l’amore di Dio. Ma, in tutta verità, in queste persone che non conoscono Dio, lo Spirito Santo lavora; e la loro volontà è come una vela tesa sulla quale soffia il vento impetuoso del loro cuore e li fa avanzare nel cammino. Sì, ma in quale cammino? Questa settimana sono morti due miei amici. Uno di essi aveva accettato bene l’idea di morire. Io gli ho detto: “La morte ci separerà, ma per te la morte sarà l’incontro. Non è verso niente, ma è verso Dio che tu vai”. Viviamo tutti con questa certezza che alla fine di questo cammino noi incontreremo l’amore, di cui abbiamo fame dentro di noi».

«Noi violiamo gli ordinamenti costruendo case senza permesso di costruzione.
Sappiamo bene che è un crimine. Ma di quale crimine e di quale ordinamento si tratta? E’ vero che secondo il nostro ordinamento ipocrita – il quale ha dei meriti, ma del quale bisogna anche avere il coraggio di riconoscere le magagne – quando una famiglia per otto mesi alloggia in un prato sotto una tenda, con il permesso tacito del proprietario, tutto è legale e perfettamente in ordine.

L’uomo, uscendo dalla fabbrica, entra carponi sotto la tenda: non vi è alcun crimine ed è legalmente che i suoi bambini sono morti di freddo, come legalmente sono stati sepolti. Se la madre diventa tubercolosa, è legalmente che verrà inviata in sanatorio; e se il padre, disperato, va a buttarsi sotto il metrò, sarà portato legalmente all’obitorio. Tutto è legale! Possiamo, quindi, dormire tranquilli, poiché i nostri ordinamenti vengono rispettati.

Ebbene, ordinamenti del genere io sono pronto – in nome del Vangelo – a violarli sino alla fine del mondo, se occorre, perché cambino e vengano corretti. Preferisco che un bambino viva illegalmente, piuttosto che muoia legalmente!» (1950)

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