L’ORA DI RICEVIMENTO, SAGRA DEI LUOGHI COMUNI

di Arnaldo Casali
L’ora di ricevimento  di Stefano Massini con Fabrizio Bentivoglio e gli attori della Compagnia dei Giovani del Teatro Stabile dell’Umbria per la regia di Michele Placido, andato in scena a Terni nell’ambito della Stagione di Prosa dal 19 al 21 ottobre,  è una bella idea (quella di raccontare una classe-multinazionale nelle banlieue parigine), un ottimo cast in cui giovani attori umbri affiancano un mostro sacro del teatro e del cinema italiano, un grande regista e il drammaturgo italiano del momento.
Peccato che alla fine, il tutto suoni come un’occasione sprecata. Come se ci si fosse fermati all’idea senza la voglia o il coraggio di farne qualcosa di sensato. Così un potenziale capolavoro diventa una gradevole commediola tra il discreto e il mediocre che appare costruita a tavolino, fondamentalmente senza cuore e senza anima.
I giovani attori ce la mettono tutta, ma né il copione né la regia offre loro molto. Bentivoglio fa il suo senza emozionare. Vent’anni fa era il più grande attore italiano, oggi sembra convinto di non dover più dimostrare niente: la sua interpretazione è impeccabile ma fredda, quasi accademica, priva di mordente.
Peggio di tutto è il testo: che affronta un tema delicato come la multiculturalità nelle scuole e il confronto in terra parigina tra popoli e religioni in modo superficiale. Non grottesco, badate bene. La commedia dimostra di vuol essere seria, e magari di stimolare pure qualche riflessione, ma la presa in giro delle regole alimentari di ebrei e musulmani è insopportabile perché giocando sui luoghi comuni più beceri lascia credere a chi non sa nulla di queste religioni che davvero i musulmani non tollerano che qualcuno alla loro tavola beva vino o mangi maiale  e che un professore possa essere rimosso dall’incarico perché ha messo dell’aceto sull’insalata degli alunni islamici; così anziché di sostenere la conoscenza di terreni così vicine e così sconosciute, finisce per alimentare ancora di più pregiudizi di cui certo non si ha alcun bisogno.
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