La sindrome da De Falco Schettino

di Arnaldo Casali

Stanotte, al termine della mia ormai consueta maratona televisiva notturna settimanale, mi sono imbattuto in una puntata di Cucine da incubo, che mi ha profondamente disgustato.

In breve, un ristoratore che ha un locale schifoso sotto ogni punto di vista, viene umiliato dal Grande Chef Antonino Cannavacciuolo, che dopo averlo sottoposto ad ogni sorta di paternali, gli rimette a nuovo il ristorante stravolgendo arredi e vestiti e ovviamente imponendo il suo menù pieno di ricette esclusive e scicchissime.

Per fortuna non ho la televisione, perché ogni volta che ne accendo una mi imbatto in programmi in cui c’è sempre qualcuno che deve insegnare, giudicare, umiliare qualcun altro. Mi ricordo, tempo fa, un programma che si chiamava qualcosa come “Boss sotto copertura” in cui il titolare di un’azienda si spacciava per dipendente e travestito e sotto falso nome metteva alla prova i suoi sottoposti, e alla fine della puntata gli faceva i vari predicozzi, e li puniva o premiava a seconda di come si erano comportati.

Per il resto, è tutto un talent show: ormai qualsiasi canale è pieno di giudici e giudicati. Ma attenzione: non si tratta mai di una competizione di carattere professionale, in cui bisogna semplicemente scegliere il migliore o valutarne la preparazione, come avviene in un quiz vecchia maniera,  una competizione sportiva, un festival, un concorso pubblico, un esame universitario, no: Si è sempre a scuola. Non si giudica mai nel merito: si va sempre sul personale. Chi giudica non si limita a valutare il proprio settore di competenza, ma deve sempre fare delle prediche: tu hai un locale che fa schifo, non perché sei incompetente, ma perché ti sei lasciato andare, non ci credi fino in fondo. E tu canti benissimo, ma non è una questione di tecnica: è perché ci metti l’anima, credi nel tuo sogno, e tutte queste puttanate qui.

E non stiamo parlando di televisione, purtroppo: Questo infantilismo, questo cercare sempre Pinocchio e la Fatina segna meglio di qualsiasi altra cosa la mancanza di professionalità e di serietà nel nostro paese, che è all’origine di tutti i nostri mali.

Vogliamo sempre stare a scuola, godere nel vedere umiliati i somari e venerare i maestri. Siamo un popolo che non vuole crescere, non vuole assumersi le proprie responsabilità, e così ci dividiamo tra discoli e scolaretti, tra conformisti obbedienti e complottisti anarchici.

Pensate alle telefonate tra Schettino e De Falco, divenute così popolari: là dentro c’è tutta l’Italia. Non nelle telefonate, badate bene, ma nel modo in cui sono diventate popolari.
L’Italia si galvanizzava nell’avere una figura autoritaria che umiliava un cialtrone. Un dialogo alla pari tra professionisti competenti non suggestiona.

Anche se in fondo i cialtroni ci piacciono, ci piace Franti, gli andiamo dietro, ma siamo abbastanza stupidi e vigliacchi e pecoroni che basta che arrivi il maestro Perboni e subito godiamo nel vederlo punito, umiliato, deriso.

La politica, ovviamente, è il trionfo di questa logica: Giuseppe Conte si è riscattato trasformandosi da studente somaro a maestro severo, che è poi l’ambizione che abbiamo tutti: così ci hanno sempre insegnato la scuola, al militare, persino ai boy-scout: diventare da recluta a nonno, da umiliato a umiliante.

In due anni Conte è passato dal ruolo di Schettino a quello di De Falco, e Matteo Salvini ha fatto il percorso inverso: fino a qualche mese fa si poneva come il Padre degli italiani, adesso i suoi consensi sono crollati perché si è ritrovato a fare la parte del bimbo capriccioso.

Giuseppe Conte, quando è diventato presidente del Consiglio veniva umiliato quotidianamente: era il burattino che non poteva nemmeno aprire bocca senza essere messo a tacere dai genitori di Lega e M5s, era il somaro diventato premier senza aver studiato, capace di fare solo gaffe. Oggi è diventato il maestro che mette in riga tutti, così severo da essere persino un sex symbol.

Ce li meritiamo, sì, ce li meritiamo tutti: Mussolini, Salvini, Conte, De Filippi, Schettino, De Falco. E, ovviamente, Cannavacciuolo.

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