“Imagine” di Yoko Ono

di Arnaldo Casali

Imagine è stato definito “il più costoso filmino di famiglia mai realizzato”. Definizione sarcastica che coglie solo in parte nel giusto. Visto che, sì, il film è autoreferenziale e autocelebrativo fino allo stremo, ma no, non si tratta di un filmino di famiglia: si tratta di un’imponente opera di avanguardia realizzata con grande cura e con una regia che non ha niente di amatoriale.

Senza dubbio, se non si apprezza l’arte di avanguardia, “Imagine” appare solo come un lunghissimo videoclip senza capo né coda, dove le canzoni di John Lennon e Yoko Ono (ebbene sì, è convinta di essere anche una cantante) sono accompagnate dalle sequenze più strampalate.

Ma questo è Imagine: sperimentale, surrealista, provocatorio; mai narrativo né documentaristico e neppure eccessivamente romantico.

Certo, chi si aspetta un documentario su John Lennon resterà deluso, perché qui John Lennon – ufficialmente co-autore e co-regista – di fatto è ridotto a poco più che un valletto per quella che è una gigantesca autocelebrazione di Yoko Ono che usa il celebre marito come specchietto per le allodole e come accompagnamento musicale.

Il film mette in scena le ambizioni artistiche di Yoko, ma anche il suo insaziabile narcisismo, che la porta non solo ad esibirsi come artista concettuale, regista e cantante, ma addirittura a proporsi come sex symbol: pur non essendo stata dotata dalla natura di strumenti particolarmente significativi, la signora Lennon si ostina a cercare di sedurre lo spettatore, restando quanto più possibile a gambe scoperte e regalando continui primi piani al suo seno, arrivando a mostrarsi semi nuda e ad accennare un paio di spogliarelli senza, invero, suscitare particolari emozioni al di fuori degli abitanti dell’immane tenuta coniugale.

Contenuti extra sono dedicati alla canzone scritta contro Paul McCartney (“How do you sleep”, in cui suona anche George Harrison) e ad una esecuzione di “Dear Yoko” con Yoko stessa ai cori. Che è un po’ come la Madonna che recita l’Ave Maria.
Tra le partecipazioni speciali al film, oltre ad Harrison, anche Fred Astaire, Jack Palance e Andy Wharol.

P.S.

Da non confondere con l’omonimo film diretto nel 1988 Andrew Solt.

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