Il Paese dei Pezzenti

di Arnaldo Casali

Siamo un paese di pezzenti. Non c’è nessuno ricco in Italia, nessuno che se la passi bene. Tutti si lamentano dei soldi che mancano: l’impiegato e l’imprenditore, il dipendente pubblico e il libero professionista. Persino i politici si lamentano, e ogni volta che provi a toccare i privilegi ti dicono che nemmeno loro riescono ad arrivare a fine mese.

E tutto questo ben prima del Covid, e ben prima della crisi economica.

Nessuno in Italia dice quanto guadagna, ma mica per paura del fisco. Semplicemente perché se dice quanto guadagna, poi qualcuno potrebbe dire: “Ma allora non te la passi così male”. E invece in Italia bisogna lamentarsi, bisogna sempre dire che i soldi non bastano.

I sindacati, fondamentalmente, servono a dare voce a chi è già tutelato, servono a migliorare le condizioni dei privilegiati, mentre la gran massa dei lavoratori viene sfruttata nel silenzio.

Ieri sera in televisione finalmente ho visto uno che guadagna bene. Era un rider di Just Eat. Ma non era italiano, ovviamente, era iraniano: “Non posso davvero lamentarmi – ha detto – Prima con Glovo stavo messo male, ma adesso mi pagano molto bene”.

Quanto guadagni? Gli hanno chiesto: “600 euro al mese” ha risposto, tutto soddisfatto.

Già, perché quando guadagna poco, ne prendeva 50.

Io lo capisco. Per anni mi sono sentito dire dalla gente: “Ma come fai ad andare avanti? Ti aiuta qualcuno?” eppure io sono sempre stato benissimo, mi sono sempre sentito un privilegiato: anche quando ero in cassa integrazione. Perché la cassa integrazione è un privilegio, esattamente come la disoccupazione e la liquidazione. Privilegi di cui la gran parte dei lavoratori non godono. Io facevo due lavori: uno come co.co.co e l’altro come dipendente part-time. L’altro lavoro l’ho perso da un giorno all’altro, con una mail di quattro righe. Ed è finita là.

Tra calcio nel sedere e cassa integrazione in pochi mesi il mio stipendio di 900 euro è stato tagliato di due terzi. Che ho fatto? Semplice: ho risparmiato! E iniziato a fare il free lance.

Da quando – facendo 8 lavori diversi – ho superato i mille euro al mese, mi considero ufficialmente ricco.

Qualcuno potrebbe dire: “Vabbé ma tu non hai una famiglia da mantenere”. Lo pensavo anche io. Poi ho parlato con un mio collega, che ha tre figli. Eppure di tutto si lamenta, tranne che dei soldi.

Così mi sono convinto che, tendenzialmente, quelli che si lamentano di più sono quelli che meno avrebbero da lamentarsi.

E allora mi vengono in mente le parole di Alban Guillon, uno che di ricchezza e di povertà se ne intende: “L’abbondanza non è ciò che pensi: l’abbondanza è ciò che basta”.

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