Il destino del Movimento 5 Stelle

Il destino del MoVimento 5 Stelle, che nel bene e nel male ha rappresentato la più importante rivoluzione politica degli ultimi vent’anniì, è molto interessante.

I due principali portavoce – il braccio destro e quello sinistro di Beppe Grillo – in dieci anni hanno fatto due percorsi agli antipodi, ma che li hanno portati entrambi ad uscire dal Movimento e a fondarne uno nuovo.

Luigi Di Maio il democristiano, ha seguito il percorso più tradizionale – quello che va da Fausto Bertinotti a Matteo Renzi – e cioè la scissione in Parlamento per poi andare a cercare alleanze elettorali con i vecchi nemici. Mancandogli però le qualità politiche sia di Bertinotti che di Renzi, è destinato ad essere completamente dimenticato nell’arco di qualche mese.

Alessandro Di Battista il rivoluzionario, si prepara di fatto a rifondare il Movimento recuperandone le origini: non un partito che intrallazza nelle istituzioni, quindi, ma un gruppo di cittadini che porta avanti determinate battaglie e valori fuori dal Palazzo.
Avendo dalla sua parte anche Marco Travaglio, non è escluso che possa tirare fuori qualcosa di molto interessante.

Beppe Grillo ha fatto la fine più triste e più nobile che possa fare il fondatore di una realtà così ingombrante: è stato rinnegato da tutti. Da entrambi i suoi delfini ma anche dal nuovo leader, che qualche mese fa gli ha rivoltato contro tutto il partito isolandolo completamente. Per non parlare dell’opinione pubblica, di fronte alla quale la sua autorevolezza è stata completamente distrutta con il caso del figlio accusato di stupro (accuse ancora tutte da provare – ma delle prove l’opinione pubblica non ha bisogno: l’importante è creare il mostro giusto al momento giusto).
Meglio così: l’alternativa era morire nel momento più glorioso – come Casaleggio – ed essere strumentalizzato dai propri traditori, venendo onorato a parole e dimenticato nei fatti, oppure diventare una sorta di Boss mafioso, trasformandosi da folle utopista a uomo di potere. Tutto sommato gli è andata bene. L’infamia di oggi si trasformerà nell’onore di domani.

Ah, poi c’è Giuseppe Conte: capo del governo per caso, ancora capo del governo per un altro caso, leader politico sempre per caso, si trova a capo di un partito con la cui storia lui non ha niente a che fare, ma va bene così perché anche quello stesso partito non ha più niente a che fare con la propria storia.

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