FREAKS OUT

di Arnaldo Casali

Ebbene sì, anziché stare a casa a guardare le serie televisive, sono andato al cinema (sai quei posti che sono stati chiusi un anno e mezzo, dove i film si possono vedere con altre persone e su uno schermo gigantesco, e che tutti dicevano di rimpiangere).

E non vi preoccupate, che anche se non l’ha fatto Zerocalcare, anche Freaks Out è tutto in romanesco, quindi se ne può parlare anche senza sentirsi completamente esclusi dal consesso civile.

D’altra parte non possiamo negare che la maggior parte dei film italiani, a vederli in televisione o al cinema, in fondo, non cambia molto. E proprio per questo il grande valore di Freaks Out è che va visto al cinema.

Perché l’opera seconda di Gabriele Mainetti non è un film: è Cinema. Cinema con la C maiuscola, anzi, è CINEMA tutto maiuscolo. Perché restituisce, finalmente, tutto l’incanto, la meraviglia, le emozioni per la quale vale la pena di uscire di casa, pagare un biglietto e infilarsi dentro una sala con tanto di mascherina.

Per questo, quando vi siete asciugati le lacrime per Strappare lungo i bordi, io vi suggerisco di alzare il culo dal divano e andare al cinema e vedere questa magniloquente opera, che ha molti meriti; non ultimo quello di essere riuscito a fare un film italiano senza Marco Giallini, Riccardo Scamarcio, Alba Rorwacher, Edoardo Leo, Alessandro Gassman e Valerio Mastrandrea, e scegliere coraggiosamente invece un cast completamente inedito, con un Claudio Santaria irriconoscibile, un Pietro Castellitto così straordinario che fra un paio di anni saranno Sergio e Margaret Mazzantini ad essere i suoi genitori e non lui ad essere il loro figlio, attori incredibili ma relativamente sconosciuti come Giancarlo Martini, Aurora Giovinazzo, Max Mazzotta e Franz Rogowski, e un Giorgio Tirabassi in una delle sue prove migliori.

E’ stato paragonato a Freaks, il film maledetto di Todd Borwning, sottolineando come i mostri del regista di Dracula fossero veri mentre qui è tutto finzione (come se il cinema non fosse, per definizione, finzione) ma la realtà è che con l’horror del 1932, il film di Mainetti ha in comune solo il circo e i fenomeni da baraccone. Per il resto, il riferimento principale è senza dubbio Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, anche se Freaks Out (il cui titolo cita, la celeberrima Le Freak degli Chic del 1978, ma sinteizza anche la stessa trama del film, che vede i freaks fuori dal circo) è un vero concentrato di storia del cinema, che cita tantissimo Spielberg (I predatori dell’arca perduta, E.T., Schindler’s List Savate il soldato Ryan) ma anche Roma città aperta di Roberto Rossellini, con qualche eco da Il pianista di Roman Polanski, Il sentiero dei nidi di ragno di Italo Calvino e persino il recentissimo Eter di Krzysztof Zanussi, ma si richiama soprattutto agli Avengers e gli X-Men della Marvel, esattamente come Lo chiamavano Jeeg Robot era una sorta di versione coatta di Spider-Man.

Freaks Out, come Lo chiamavano Jeeg Robot, è essenzialmente un film sulla diversità: o meglio, sulla diversa abilità. Perché i freaks – che potremmo tradurre come “gli strani” o “i mostri”, sono al tempo stesso disabili e supereroi. Perché se un disabile è spesso descritto (a volte con fin troppa retorica) come un supereroe, il mutante in effetti non è altro che un disabile. E se il messaggio non fosse abbastanza chiaro, il regista inserisce – tra le comparse – anche alcuni attori down.

Il film è lunghissimo, spettacolare e di una violenza e una crudeltà inaudita, che si apre con la ricostruzione più realistica di un bombardamento mai vista al cinema e si chiude con una battaglia fin troppo caciarona in stile americano.

Pur essendo un film con superpoteri ed effetti speciali, infatti, Freaks Out – ambientato nell’Italia occupata dai nazisti – vuole restituire tutto l’orrore della guerra. Al tempo stesso, pur citando ed evocando l’intera storia del cinema, il film è qualcosa di completamente nuovo e originale, mai visto prima.

Da non perdere.

 

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