Come nasce il razzismo

di Arnaldo Casali

Ieri si parlava con una donna che ha vissuto, fino a qualche mese fa, di via della Biblioteca, a Terni. “E’ una zona malfamata – diceva – la sera avevo paura a uscire di casa”.

Un quartiere che fa paura, ha aggiunto, perché “è pieno di stranieri: c’è un locale di sudamericani, tutti negozi di cinesi. E poi adesso sono arrivati anche questi distributori automatici. Ma perché il Comune gli dà le licenze, con tutta la fatica che fanno a lavorare i negozianti italiani?”.

Senza esprimere giudizi, restiamo ai dati oggettivi:

1) Il bar sudamericano è il locale più malfamato di Terni: è stato teatro di episodi di delinquenza di ogni genere e, se non vado errato, è stato fatto chiudere dalle Forze dell’Ordine più di una volta. Non è frequentato da “stranieri” ma esclusivamente da latinoamericani: e in particolare da bande che – in lotta tra loro – hanno creato molti problemi di ordine pubblico a Terni, compresi degli accoltellamenti.

2) I cinesi non hanno mai dato fastidio a nessuno. I loro esercizi commerciali – al di là della concorrenza che fanno agli italiani – sono luoghi rispettabilissimi e perfettamente integrati nel tessuto sociale del quartiere. Addirittura, in qualche caso danno lavoro a degli italiani.

3) I distributori automatici fanno tutti capo ad un paio di catene e i proprietari sono italiani.

Ecco perché quando si parla di stranieri non ci si può affidare alla “percezione” ma bisogna andare un minimo a fondo.

Vale la pena di ricordare il caso del dormitorio della Caritas in via Vollusiano: ci fu un pandemonio perché alcuni residenti si sollevarono contro la sua apertura ottenendo una grande copertura mediatica e l’appoggio di una parte del Consiglio Comunale.

L’assunto era che siccome quel quartiere era già pieno luoghi di culto frequentati da stranieri ed era stato teatro di episodi di vandalismo, il dormitorio lo avrebbe trasformato in un ghetto invivibile. Il tutto seguendo due equazioni: non cattolici=stranieri=delinquenti e poveri=stranieri=delinquenti.

Quando sono andato a fare un’inchiesta intervistando i residenti ho scoperto che le comunità religiose in questione erano una moschea frequentata in gran parte da marocchini e pakistani, un tempio sikh di indiani e la chiesa dei Mormoni, i cui adepti sono americani e italiani.

Quanto agli episodi di vandalismo, nessuno aveva coinvolto i fedeli dei tre suddetti luoghi di culto, ma tutti erano legati alla presenza di un pub e alla gente che ne usciva ubriaca.

Ad ogni modo, a dispetto delle proteste, il Centro Caritas aprì comunque, mentre il pub, qualche anno dopo ha chiuso e al suo posto è stato aperto un ristorante cino-giapponese.

Sono passati ormai cinque anni e – a quanto mi risulta – in quel quartiere non si è verificato nemmeno un episodio sgradevole.

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