Cattolici “veri” e cattolici “altri”?

di Arnaldo Casali

Non posso che trovarmi d’accordo con l’analisi di Luca Diotallevi pubblicata su “La voce” e che tanto sta facendo discutere. Un’analisi in cui – peraltro – chiama in causa anche Istess – Istituto di Studi Teologici e Storico-Sociali inserendolo tra le istituzioni ecclesiali che “avevano conquistato uno spazio importante nel dibattito pubblico cittadino”.

Credo sia molto giusta l’autocritica personale e “di parte” che fa, perché è evidente che se il cattolicesimo progressista è scomparso dalla scena politica è per le ragioni che Luca spiega molto bene.

Su alcune cose, però, non mi trovo d’accordo:

La prima, è questo sentirsi altezzosamente dalla parte dei “buoni” e questo ergersi a giudice di un cattolicesimo “senza Concilio, senza riunioni, senza programmi, tutto umori e nostalgie”.

La seconda, è l’idea che il ruolo sociale e culturale dei cattolici debba ridursi a quello politico. Francamente mi sembra che Luca sia interessato solo al ruolo dii “lobby” rappresentato dai cattolici nel dibattito politico. Un ruolo che, peraltro, appare irrilevante su entrambe le sponde, visti i risultati del Popolo della Famiglia.

Mi dispiace dirlo, perché rischio di risultare altrettanto sprezzante, ma mentre un gruppo di cattolici illuminati ha passato gli ultimi dieci anni a discutere e si è perso in analisi sociologiche ed esternazioni critiche continuando ad andare più o meno a braccetto con la classe politica che ha distrutto questa città, e ora si trova a riflettere sul suo fallimento, ci sono stati altri cattolici cosiddetti progressisti che hanno lavorato per la città, concretamente, nel mondo del sociale (penso alla Caritas) e nel mondo culturale, come abbiamo fatto noi, ma anche tantissimi altri, a cominciare dalle parrocchie.

Allora mi verrebbe da ripetere la celebre frase di Nanni Moretti in “Caro diario” rivolta contro gli ex sessantottini nostalgici: “Voi gridavate cose ingiuste e terribili e ora siete invecchiati. Io dicevo cose giuste e ora sono uno splendido quarantenne!”.

Sì, sono preoccupato anche io dalla deriva razzista di tanti cattolici, non faccio che criticare ogni giorno quelli che pensano che il cristianesimo si possa ridurre a combattere l’aborto o l’eutanasia e non fanno mancare il loro attacco quotidiano a papa Francesco: io, però, questi cattolici non li voglio giudicare: io ci voglio dialogare, voglio aiutarli a capire meglio cosa significa essere cristiani e magari capirlo meglio anche io, perché nessuno può avere la presunzione di considerarsi un vero cristiano e tutti abbiamo da imparare dagli altri.

Io, però, del sistema politico che ha rovinato questa città non sono mai stato complice e proprio per questo Leonardo Latini l’ho votato con entusiasmo e guardo con grande fiducia alla sua giunta. Francamente, non mi interessa sapere se il nuovo sindaco abbia più simpatia per Ratzinger o per Bergoglio: mi interessa che il discorso che ha fatto il giorno del suo insediamento non sia stato un discorso leghista, né un discorso di destra, non sia stato un discorso conservatore né progressista, non è stato riformista né populista, né cattolico né anticlericale: è stato un discorso CRISTIANO,

Io penso, allora, che l’obiettivo non debba essere quello di ricompattare i cattolici “buoni” e mandarli al potere, ma quello di abbattere qualsiasi muro tra i cattolici, puntare su ciò che unisce e non su ciò che divide, combattere il vero nemico, che non è Salvini ma l’individualismo esasperato che ci mette tutti contro tutti, lavorare concretamente per far crescere la città e per crescere anche noi, e – ovviamente – superare insieme tutto ciò che forse ci fa sentire cattolici ma di certo non ci rende cristiani.

L’editoriale di Luca Diotallevi

 

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