Anatomia di un paese ridicolo

di Arnaldo Casali

Vaccino sì vaccino no, aperture e chiusure, tragedia e farsa. Qualcuno può stupirsi davvero del caos sulla pandemia e del fatto che l’Italia, primo paese ad averla gestita, sarà l’ultimo ad uscirne?

Direi proprio di no. Perché non ci si può aspettare una condotta seria e coerente da un Paese ridicolo.

E l’Italia, di essere un paese di ridicolo, lo dimostra da sempre e sempre di più, ogni giorno, nelle piccole come nelle grandi questioni.

Un paese in cui si denuncia ogni giorno la morte della lingua italiana e ogni giorno si adottano nuovi termini come smartworking, catcalling, stalking, brand, e addirittura beverage, food o delivery solo per fare moda e tendenza, e non per dare un significato preciso ad un concetto preciso.

Chi parla male pensa male e vive male, diceva Nanni Moretti. E in Italia si parla male, esattamente come si pensa e si vive.

La lingua

Chiariamo subito una cosa: l’utilizzo delle parole straniere ha un senso. La lingua inglese è molto elementare: chi la parla sa che deve sempre contestualizzare la parola per darle un significato. L’english speaker preferisce fare uno sforzo mentale piuttosto che verbale.

Dire Io amore tu non è come dire Ti amo. E nemmeno Ti voglio bene.

Quindi un inglese non si fa problemi a chiamare Topo tanto un roditore quanto il puntatore del computer, o scrivania la schermata.

L’italiano no: ha bisogno di assegnare ad ogni parola un significato ben preciso. Pigro pensatore ma raffinato oratore. Dunque parole come computer, mouse, desktop, file risultano molto utili. In fondo il post si distingue dall’articolo o dal testo perché si fa su internet. E tutto sommato anche lockdown un senso può avercelo. Perché se per gli inglesi indica qualsiasi situazione in cui si resta “chiusi dentro”, per l’italiano è un termine che contraddistingue una condizione ben precisa in un momento storico ben preciso.

Poi ci sono termini stranieri adottati per questioni squisitamente politiche o legali. Ad esempio, lo stalking si distingue dalla molestia perché viene effettuato anche – o soprattutto – tramite telefono. Il mobbing si distingue dal bullismo perché avviene in ambito lavorativo.

Ben diverso è quando termini inglesi vengono usati per emulazione, conformismo o per moda, andando a sostituire una parola che esiste già. Qualcuno sa spiegarmi la differenza tra delivery e consegna a domicilio, tra bevande e beverage, tra marchio e brand, tra slogan e claim, tra smartworking telelavoro o lavoro da casa?

Poi ci sono parole inutili adottate per esprimere concetti inutili, come il famigerato catcalling che sta ad indicare l’atto con cui si fischia una ragazza per strada, ma viene di fatto poi allargato anche a qualsiasi tipo di molestia subita da una donna, così da equiparare una cafonata ad un crimine e alimentare lo scontro di genere che non ha l’obiettivo di tutelare qualcuno, ma di esasperare il conflitto di genere.

La pronuncia delle parole straniere

Un capitolo a parte merita la pronuncia delle parole straniere, che rappresenta davvero  l’apoteosi del ridicolo. Di fatto nella lingua italiana non esiste una regola precisa su come vanno pronunciate le parole straniere. E di conseguenza, ognuno fa gli pare: chi le pronuncia seguendo le regole italiane, chi va a cercare la pronuncia filologica, chi se la inventa. E il peggio è che ognuno pretende poi di spiegare agli altri quale sia l’esatta pronuncia.

Ricordo ai tempi di Titanic, non c’era ancora internet o la possibilità di vedere i film in lingua originale, e così abbiamo dovuto aspettare la Notte degli Oscar per sentire “Taitènic”. Nel frattempo si erano scatenate le versioni più fantasiose: chi diceva Titànic, chi Tìtanic, chi Titanisc, chi Tàitanic. Per non parlare della parola Mass Media (chi dice Media all’italiano chi Mìdia rivendicandone la pronuncia inglese, chi Media rivendicando l’origine latina della parola inglese).

Ancora oggi un caso da manuale è Darwin. Buona parte degli italiani lo pronunciano all’italiana, e quindi dicono Darvin, mentre chi vuole fare il fighetto si lancia in un improbabile e ridicolo Daruin ignaro che la pronuncia esatta, in inglese, assomiglia piuttosto aDòuin.

Che dire poi di Aung Saan Su Kye (per anni abbiano detto Chi poi all’improvviso è diventata Cì) e di papa Wojtyla (pronuncia: voiteua) che ancora oggi la maggior degli italiani chiama Uoitila  come fosse inglese. Altro caso da manuale è il francese Ralenti (ralentì) pronunciato all’inglese spesso con l’aggiunta della y finale per renderlo ancora più inglese: Ralenty (peccato che in inglese si dica slow motion).

Questo conformismo all’inglese, peraltro, è del tutto inutile, visto che non esiste una pronuncia universale e ogni paese di lingua inglese lo pronuncia in modo diverso. Per dire, tu vai in Irlanda, stai attento a dire Dàblin anziché Dublin, e poi – da un irlandese – senti dire proprio Dublin.

In tutto ciò per essere meno ridicoli basterebbe un pronunciamento dell’Accademia della Crusca, che tra un petaloso e l’altro potrebbe stabilire una volta per tutte una regola universale per la pronuncia delle parole straniere. Ma evidentemente è troppo impegnata a petalare.

La politica

In Italia un governo dura mediamente due anni.

Negli ultimi trent’anni, negli Stati Uniti ci sono stati 6 presidenti, in Francia e in Polonia 5, in Germania 3 cancellieri: in Italia abbiamo avuto 13 presidenti e 17 governi diversi. E solo un governo è durato quanto una legislatura.

Tutti si lamentano dei partitini che buttano giù i governi, e tutti continuano a fondare e a votare i partitini, tutti si lamentano dell’instabilità politica, ma ogni volta che qualcuno prova a fare una riforma che renda più forte il governo si evoca la dittatura.

Un’altra cosa che rende ridicolo il nostro paese è il numero di leggi. Attualmente sono in vigore 111.000 leggi. Che, ovviamente, nessuno rispetta.

A fronte di un codice ingolfato di leggi, però, non si fa che discutere l’approvazione di nuove leggi completamente inutili.

In questi giorni in Parlamento si discute la legge sull’omofobia, sui giornali si parla di una legge che tuteli le vittime del catcalling mentre si raccolgono firme per una proposta di legge di iniziativa popolare per vietare la propaganda fascista e nazista.

Tre leggi completamente inutili, perché mirano a vietare qualcosa che è già vietato e/o impossibile da perseguire.

Partiamo dalla legge sull’omofobia, che punisce l’aggressione e la discriminazione degli omosessuali.

E’ lecito in Italia discriminare o aggredire qualcuno senza motivo? Certo che no. Dunque cosa aggiunge questa legge? Assolutamente nulla, se non un portato ideologico e politico.

La legge vuole dirci che aggredire o discriminare un omosessuale è più grave che discriminare o aggredire  – ad esempio – un fascista?

Quale può essere l’effetto pratico di questa legge? Uno solo: che se scoppia una rissa tra ubriachi e uno di essi è omosessuale, la colpa se la prende l’eterosessuale. E’ già successa una cosa del genere: si potrà invocare il proprio orientamento sessuale per prendersi la ragione a prescindere. Senza poter impedire, tra l’altro, che un eterosessuale si spacci per omosessuale proprio per sfruttare la legge. E cosa accade se si picchiano un omosessuale e una donna? E’ omofobia o femminicidio? Se poi uno dei due è nero, la cosa si complica ancora di più perché verrà chiamato in causa anche il razzismo.

Ancora più idiota è la proposta di legge contro la propaganda fascista, dal momento in cui esiste già il reato di apologia di fascismo. Per non parlare del catcalling.

Ora sicuramente qualcuno mi darà del sessista, fascista e omofobo, come se ritenere inutili delle leggi significasse non condividere i valori che rappresentano. E il punto è proprio questo: essendo un paese ridicolo, incoerente e maleducato non siamo più in grado di distinguere l’educazione dalla legalità. Anche perché all’educazione abbiamo ormai completamente abdicato, e resta solo la propaganda.

Badate bene: che occorra liberare l’Italia dal fascismo, dall’omofobia e dalle discriminazioni di genere è una cosa ovvia: ma non è compito delle leggi farlo, è compito dell’educazione. E non a caso in Italia la scuola è allo sfascio e, per fare un esempio, un laureato di oggi ha meno padronanza della lingua italiana di una persona che un secolo fa aveva la terza elementare. E se a scuola non si impara nemmeno a leggere e a scrivere, figuriamoci se si possono imparare ad essere cittadini rispettosi di tutti.

Ma tutti chi poi, se è stata messa al bando la parola condivisione e l’obiettivo è creare classi sociali in contrapposizione tra loro: bianchi contro neri, uomini contro donne, eterosessuali contro omosessuali, vegani contro carnivori. Perché? Perché più siamo soli e più siamo fragili, consumisti e manipolabili.

Il paese ridicolo è quello in cui aumentano a dismisura i diritti e scompaiono i doveri.

La leggi servono a regolamentare il vivere comune, non ad educare il popolo. E i cittadini hanno il dovere di rispettarle. Ma nessuna legge può costringerci ad essere buoni, tolleranti, generosi e rispettosi del prossimo. Tanto meno una legge inutile che si aggiunge ad un calderone di altre 111mila leggi.

Troppi diritti e pochi doveri, troppe leggi e nessuna testimonianza: perché vale la pena di ricordare che l’unico partito in Italia guidato da una donna è il partito conservatore per antonomasia mentre a sinistra si predica moltissimo e si razzola malissimo. E che quegli stessi partiti che vogliono la legge contro l’omofobia costringono i propri politici omosessuali a pagare finte fidanzate e finti paparazzi che li immortalino mentre si scambiano effusioni.

Pensare di combattere l’omofobia, il maschilismo e il fascismo a colpi di leggi mentre si dà una testimonianza esattamente agli antipodi rispetto ai valori che quelle leggi vorrebbero imporre è l’espressione più clamorosa della tragedia di un paese ridicolo.

 

 

 

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