Ammanco sul conto Bancoposta, il caso è chiuso (ed è ancora più assurdo di quanto sembrasse)

di Arnaldo Casali

Un mese fa il direttore dell’ufficio postale centrale di Terni mi ha comunicato, con una certa noncuranza, che la mia carta bancoposta era stata clonata. Pagando una bolletta mi ero accorto di un ammanco di 3500 euro sul mio conto; non ripeterò tutti i dettagli, visto che qui potete trovare tutta la storia, e i limiterò a dire che quello che mi è stato detto è che qualcuno aveva clonato la mia carta Bancoposta e aveva tentato di effettuare una ricarica di 3500 euro appunto, su una postepay.

La transazione, in realtà, non era andata a buon fine, di conseguenza i soldi erano stati prelevati dal mio conto ma non erano ancora arrivati a destinazione. Eppure il Direttore aveva detto di non essere in grado né di bloccare la transazione, né di scoprire su quale postepay era stata fatta la ricarica. Anzi, di fronte alle mie proteste aveva detto che no, non era nemmeno sicuro che fosse proprio una postepay e poteva trattarsi di una qualsiasi ricaricabile.

Nonostante la scena madre che avevo allestito all’interno dell’ufficio, il direttore si era limitato a rimandarmi al call center di Poste Italiane per ulteriori chiarimenti.

“Non è possibile che io sono qui davanti a lei e devo chiamare un call center per sapere chi diavolo ha rubato i miei soldi da un conto vostro per metterli su un altro conto vostro! Ci sarà pure un numero che lei può chiamare per capire cosa diavolo sta succedendo!”

No, era stata la risposta. Loro non potevano fare niente: dovevo chiamare il call center, bloccare la carta e segnalare l’accaduto, e poi andare alle polizia postale, perché comunque solo la polizia avrebbe potuto scoprire chi avesse operato la transazione.

Io continuavo a spiegare che non ho il conto online, che non uso la carta per pagamenti su internet, che non ho mai perso di vista la mia carta nemmeno per un minuto. Come è possibile, dunque, che sia stata clonata?

“Ah ma oggi è facilissimo clonare una carta” aveva detto, come se fosse la cosa più normale di questo mondo. “Lo hanno detto anche alle Iene. Basta andare a ritirare al bancomat, perché ci mettono delle mascherine che copiano i dati, o anche pagando con il pos”.

Così, dopo aver bloccato la carta, sono andato alla Polizia Postale a fare la denuncia.

“Mi hanno detto che solo voi potete controllare quello che è successo”
“Questo è falso – mi rispondono subito i poliziotti – noi possiamo solo chiedere alle Poste di controllare, non abbiamo accesso a nulla!”.

Subito dopo chiamano lo stesso direttore dell’ufficio postale, che però è occupato. Così telefonano direttamente all’ufficio centrale di Ancona, spiegano la situazione nei minimi dettagli e chiedono di verificare.

Io firmo la denuncia e mi faccio un’altra ora all’ufficio postale per chiedere il rimborso di quei 3500 sottratti al mio conto. Poi torno a casa.

Da quando sono uscito dall’ufficio della Polizia Postale sono passate non più di due ore quando ricevo la chiamata di uno degli agenti: “Forse abbiamo scoperto che cosa è successo: Tu, il giorno dell’ammanco, sei andato al postamat di via Catalochino e hai cercato di fare una ricarica sulla tua postepay?”
“Sì, ma non me l’ha permesso per assenza di collegamento”
“La tua postepay finisce con XXXX?”
“Sì, esatto”
“Allora dobbiamo aspettare le registrazioni della telecamera. Ma probabilmente sei tu che hai fatto la ricarica, sulla tua postepay”
“Io?”
“Non è che ti sei sbagliato e hai scritto 3500 euro?”
“No di sicuro, dovevo mettercene 200. E comunque l’operazione non è andata a buon fine”.
“Ma deve esserci stato un errore di sistema, perché torna tutto: il postamat, data e orario, il numero di carta. Prima di ritirare la denuncia, però, aspetta che tornino indietro i soldi”.

Passa una settimana. Controllo il conto e i 3500 euro, effettivamente, sono tornati indietro. Poi torno alla Polizia Postale, mi mostrano le foto riprese dalla telecamera di sorveglianza, e sì, sono decisamente io il ladro: riconosco la bicicletta, riconosco il cappello. Ritiro la denuncia, anche se avrei una gran voglia di farne un’altra contro il direttore dell’ufficio postale.

Il caso è chiuso. Nessuno ha clonato la mia carta Bancoposta: semplicemente, il computer di Poste Italiane si è impallato e ha fatto un gran casino.

Badate bene che – “Non potrebbe essere stato un errore di sistema?” – è stata la prima domanda che è stata fatta a Poste Italiane, e l’ipotesi è stata esclusa senza alcun dubbio.

Al di là dello spavento, io ho perso due giornate tra uffici postali e polizia postale, ho dovuto bloccare e rifare la mia carta Bancoposta, fare e ritirare una denuncia, chiedere un rimborso per una cifra che in realtà non era mai stata rubata e la polizia postale è stata inutilmente impegnata in un’indagine che poteva essere evitata.

Perché? Perché il direttore dell’ufficio centrale delle Poste di Terni non aveva voglia di fare una banalissima telefonata all’ufficio centrale di Ancona che avrebbe risolto questa assurda storia in meno di due ore.

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