ABBIAMO VINTO! FORSE…

di Alessandro Gentiletti 
Non ho la presunzione né l’apatia necessaria per voler tirare su il morale ai tanti che questa mattina mentre io sono sveglio si alzeranno depressi e sconfitti…Non sono qui a fare un discorso politico o di incoraggiamento…Ieri e ieri l’altro i cittadini italiani nel pieno della loro sovranità hanno legittimamente ucciso la Politica, praticando un gesto eutanatico che per i molti malati di questo Paese è invece assurdamente vietato (o meglio, non essendo mio malgrado nuovo al mondo del diritto sarebbe più corretto dire: un diritto che è subdolamente impedito).
 
Sono però della intima convinzione, dopo aver attraversato anche io le varie fasi emotive che molti hanno scosso nelle ore passate, che si sia in presenza di una vittoria, una dolorosa vittoria. Come dolorosa, per versi diversi e certamente più augurata, sarebbe stata quella di Walter Veltroni e del suo feto prematuro dai cattolici incoerentemente abortito: il PD. Si sa, d’altronde, essi a parole sono contro l’aborto purché, poi, non gli si chiedano gesti concreti e a meno che la cosa non li riguardi personalmente.
 
Spiegherò, a chi vorrà leggermi, le motivazioni di questo pensiero, cosi controcorrente, e, apparentemente solo, come spero, irrazionale.
 
Il sistema politico italiano, come molti segnalano da tempo, a me che per passione e per destino oggi vedo prossima la mia laurea in Diritto delle Istituzioni, appare come un sistema malato. Lo è per ragioni storiche, ma soprattutto sociali che qui non ripercorro. In quanto alle prime la democrazia liberale, pur nella sua imperfezione non ha, a differenza di molti Paesi europei, attecchito veramente. Ai padri costituenti forse essa neanche era presente al momento della stesura e votazione del Testo costituzionale. Prendete cum grano salis questa affermazione. A me, comunque, ha sempre stupito che in quel Testo non si facesse esplicita menzione dell’aggettivo liberale ma si parlasse solo di “Repubblica democratica”. Con l’accento filosofico elitario che ha contraddistinto da sempre i nostri giuristi, superiori ad ogni altri nel loro campo, i padri costituenti vollero dire dell’Italia essenzialmente e solamente che essa nasceva come Repubblica democratica fondata sul lavoro la cui sovranità repubblicana apparteneva al popolo, solo in veste di fonte originale, in quanto poi esercitata nelle forme e nei limiti imposti dalla stessa Costituzione repubblicana.
Fu saggia e non solo figlia del trend filosofico del diritto questa formulazione. Fu anche felice, indubbiamente, a mio modesto parere. Per poesia e per pragmatismo. Rappresentava le caratteristiche essenziali che, diversamente si può legittimamente pensare, hanno unito da sempre il popolo italiano: il lavoro e il sentire pubblico ogni bene istituzionale  Nonché, infine, il fatto che esplicitamente si parlasse di sovranità repubblicana, precisando solamente democratica, appare per me importante nel senso che, è chiaro ai più, non vi sia sovranità esercitabile per chi è fuori dal sentire repubblicano. Nello specifico all’articolo quinto si ricorda: Repubblica una e indivisibile.
Di spiegarci cosa fosse questa democrazia liberale, comunque, ebbero poi modo di parlarne, anche a sproposito, gli eredi del fascismo fino, per certi versi, a farla venire in odio.
 
E’ questa Costituzione comunque, d’altro verso, che, di fatto, ha permesso la sopravvivenza di modelli giuridici di impronta fascista, ha legittimato l’asserzione della continuità dell’ordinamento repubblicano nel passaggio civile e non violento con quello monarchico decaduto. Questo, forse, anche grazie alla saggezza della famiglia reale, tanto giustamente vituperata per altre motivazioni, che comunque vantava amicizie con illustri giuristi liberali, nonché costituzionalisti, come Vittorio Emanuele Orlando. Consultati dalla stessa famiglia reale nelle situazioni più critiche, che nessuno ignora, di questo Paese. E che tornerebbe utile consultare oggi, se fosse ancora vivo il Maestro.
 
Il sistema politico italiano, tornando ai giorni nostri, si è visto attaccato nei recenti giorni trascorsi da movimenti di massa e di popolo, con tutti i difetti e i pregi connessi a tale caratteristica, come un sistema intrinsecamente malato. Questi movimenti suggerivano come protesta e come modo di uccisione di questo sistema malato il rifiuto della scheda elettorale. Su questo gesto anche io ho riflettuto, con amici e colleghi di studi, e ipotizzato con la fantasia e l’estremismo che contraddistingue i giovani adepti della scienza giuridica, sulla loro efficacia o meno. L’obiettivo che, comunque, volevano raggiungere tali forme di contestazione, tra l’altro realizzatesi percentualmente sotto ogni minima aspettativa, è stato comunque, a mio avviso, raggiunto. Perché il sistema politico è stato realmente ucciso.
Non come intendono molti giornalisti avventando un uso improprio del termine “Terza Repubblica”; sono infatti convinto che questi francesismi da noi oltre che essere tecnicamente inappropriati non hanno senso di esistere anche metaforicamente. Se vi fu, infatti, continuità ordinamentale e giuridica col Fascismo, governo di un Re monarca, figuriamoci come possa non esservi stata continuità al cambio di una legge elettorale come avvenne nel ‘91 o con la presunta affermazione di un bipolarismo solido, come è avvenuto, secondo i più, oggi. E’ stato ucciso il sistema politico, quindi, grazie ai veri risultati elettorali, cosi nefasti e a tutti noi noti.
 
Due sono i risultati veri e principali di queste elezioni. L’affermazione della Lega Nord e la conseguente consegna ad essa del Governo del Paese, essenziale infatti e determinante ai fini dell’esistenza di una maggioranza politica che legittimi il Presidente della Repubblica a nominare un Governo sono i senatori e forse al momento attuale in cui scrivo anche i deputati eletti in quelle file, e dall’altro lato l’estromissione della Sinistra da ogni ramo del Parlamento.
 
Tali due eventi ad una mente razionale ed emotivamente coinvolta come la mia sembrerebbero, di fatto, estremamente negativi. E, di fatto, cosi sono. Essi sono, filosoficamente giuridicamente e politicamente, tragici. Ma penso anche che possa, invece, rivoltarsi il giudizio, e non lo dico per utilitarismi di umore (personalmente la mia tristezza non cambierà di intensità alla fine di questo ragionamento come sono certo non cambierà quella di molti di voi).
 
Se si cercava, infatti, la uccisione del sistema politico attuale, condividendone la sua malattia, con la Lega Nord al Governo meglio di ogni altro si getteranno le basi per una rottura definitiva dell’ordine costituito e una rinascita di un nuovo ordine, diametralmente opposto nei valori a quello paventato e realizzato dalla stessa forza principalmente governante: la Lega Nord appunto. L’Italia, già fin dai prossimi mesi, sarà concretamente chiamata a rispettare determinati punti dall’Unione europea che, per la stima meritata di cui godeva il precedente Governo e il suo autorevole leader, venivano tralasciati. L’Unione europea si vedrà costretta a minacciare sanzioni storiche ed esemplari e a quel punto, nel giro di un anno, o si realizzeranno quelle sanzioni trascinando nella catastrofe già imminente l’intero Paese o faranno conseguentemente cadere il Governo per uno di unità nazionale che escluda questa forza antisistema e antipolitica, nonché palesemente antigiuridica, dal Governo reale, cioè ricordiamolo la Lega, vera vincitrice. In entrambi le ipotesi si raggiungerà il risultato richiesto, anche se con duri costi e perdite, si cambierà definitivamente rotta.
 
Quanto alla estromissione della Sinistra radicale ho, personalmente, motivazioni politiche che mi spingono a doverne valutare gli effetti benefici. Gli studiosi di storia delle Costituzioni concorderanno univocamente con me che l’esperienza extraparlamentare ha fornito ad ogni Paese dove si è realizzata da un lato una forte stabilità, dall’altro la possibilità di un contributo unico, tradotto in reali politiche sociali, della Sinistra stessa.
 
Ma oltre questo fattore, personalmente elettore nel cuore della Sinistra radicale, pur se ho accennato emotivamente qualche sentita e inutile lacrima ieri nel veder sbarrato l’accesso alle due Camere, non posso intellettualmente non riconoscere che bisogna essere grati di questo gesto violento del popolo italiano.
 
Il nostro habitat naturale è indubbiamente fuori dal Parlamento. La Bandiera Rossa, se si desidera che essa sventoli piena del suo significato profondo, bisogna agitarla laddove soffia un minimo di vento. In un posto chiuso, come il Parlamento, non c’è quel vento necessario perché essa non sia solo tenuta in mano ma sventoli anche. La vocazione naturale della Sinistra, che oggi torna ad essere Partito comunista dei lavoratori, è quella di ritrovarsi nelle piazze, nei bar, nei vari territori dislocati e periferici del Paese. Molti già prevedono una completa armonizzazione dei nostri valori con quelli dei vari Movimenti di base: Ambientalisti Femministi e Comunisti, che nel Paese sempre più in modo positivo prendono piede. Che vedono milioni di ragazzi, giovani e meno, adoperarsi per lotte che la Politica del Palazzo, intrinsecamente per essere tale e sopravvivere, deve ignorare se non finanche osteggiare. Io non so se sarà cosi, e forse non me lo auguro neanche, certo è che l’apporto culturale e intellettuale che la Sinistra, ormai sciolte le sue catene, potrà dare a queste lotte sarà indubbiamente enorme.
 
Di qui lungi da me affermare che la scelta del popolo italiano sia stata saggia. Se il popolo infatti è sovrano, sia chiaro, lo è quando la esercita, come nel voto, nei limiti imposti dalla Costituzione che prima di ogni altra è sovrana. Questo occorrerà che il Capo dello Stato lo ribadisca di continuo nei prossimi mesi, e sono certo che illustre giurista quale è nonché esimio uomo di Stato di fama internazionale lo farà, applicando concretamente ogni norma del dettato costituzionale. Non posso escludere ad esempio, e me lo auguro, che il Capo dello Stato, come fece a suo tempo il senatore a vita dott. Oscar Luigi Scalfaro, legittimamente rifiuti la nomina di determinati ministri che, seppur proposti dal Presidente del Consiglio, presentino intrinseci e connaturati impedimenti ideologici. Nonché il Capo dello Stato avrà sicuramente modo di esercitare ripetutamente, e mi auguro anche questo lo faccia sempre, il suo diritto di rifiutare la firma necessaria per rendere valide le leggi approvate dal Parlamento. Fosse anche fino ad arrivare al c.d. paradosso costituzionale del doppio diniego di firma, che mai si è realizzato nella storia della Repubblica e che aprirebbe scenari davvero inquietanti.
 
Non ignoro che, indubbiamente, servirebbe qualcuno più giovane anche di età che sedesse al Colle più alto di Roma, dotato dello stesso acume competenza giuridica e intelligenza che possiede il Presidente Napolitano; qualcuno più giovane perché forse anche più capace cosi di reagire agli attacchi che il nuovo Governo, ai limiti della sopportabilità costituzionale, dopo aver giurato fra le sue mani, avrà intenzione, come è chiaro, di rivolgere alla sua Alta Persona.
 
Tornando alla Sinistra, io credo che, politicamente, questo suo essere sbattuta fuori dal Parlamento (più dalla legge elettorale si noti bene che dal popolo italiano) possa essere un lavacro positivo. Gli occhi rossi del Presidente della Camera Fausto Bertinotti rattristano, ovviamente, anche me, e nella loro dignità mi trasmettono rabbia, e allo stesso tempo sentimento di unità ideale ad un uomo che, criticabile o meno, ha fatto la storia della politica italiana in questi quindici anni più di ogni altro, rappresentando con eleganza e intelligenza i sentimenti di coloro che non avevano voce per esprimerli. Un uomo che incarna la successione alla guida di un Partito che si è creato la sua legittimità a governare, riconosciuta tardivamente solo verso la fine degli anni ‘70, sacrificando i propri uomini nella lotta condivisa con altri sugli Appennini all’invasione nazista.
Il Partito Comunista Italiano, occorre oggi più che mai ripeterlo, è l’unico Partito comunista europeo che sia stato per il proprio Paese forza di liberazione invece che di oppressione. E oggi, come ieri, l’unico Partito europeo ad essere escluso dal sedere in Parlamento. Se non, come si ipotizza e si augura anche da più parti saggiamente, il Presidente della Repubblica che da quella storia viene e né è memore, voglia concedere l’onore e la laude di insignire Fausto Bertinotti del titolo di senatore a vita. Ma sarà comunque diverso, sarà, personalmente ritengo, un gesto indubbiamente gradito ma anche un gesto che suona come commemorativo.
 
In realtà, e addivengo a conclusioni, qui non si è in presenza di ceneri da compiangere, il Partito dei Lavoratori, non sappiamo il nome che essi gli daranno, oggi è vivo. L’ho sentito al telefono parlando con alcuni amici, l’ho visto negli occhi rossi di Bertinotti, non più onorevole finalmente, di Giordano di Salvi di Diliberto di Pecoraro Scanio, tutti liberi e fotografati a imperitura memoria davanti una Bandiera Arcobaleno.
 
Concedetemi ora una conclusione meno professionale e meno distaccata: agli stolti parve essi morissero, gli stolti ignoravano che l’Arcobaleno sorge solo dopo un forte diluvio, e cosi sarà; piange il Popolo saggio quando vede le nuvole avvicinarsi pronte al diluvio, piange il Popolo di origine orgogliosamente contadina e operaia, piange prima per non mischiare dopo le proprie lacrime alla pioggia; è oggi il tempo triste dell’attesa, dell’esilio non meritato, è il tempo in cui sta per iniziare il diluvio…Per noi era già piovuto troppo prima, ma forse su questo ci sbagliavamo, ci serviva altra acqua perché dimenticavamo che capaci di sopportarne molta sono gli stivali di chi lotta e lavora, ma ora eccola, essa arriva, è dentro la grandine che devasterà il nostro misero raccolto di questi due anni, e poi…non potrà per sempre piovere e i colori dell’Arcobaleno dopo anni di pioggia saranno ancora più belli e più forti al loro sorgere!!! Oggi lotteremo sotto l’acqua impietosa ma lo faremo coscienti che sarà più grande la festa di domani grazie al dolore di oggi, come più luminosi saranno quei colori dopo questo uragano che è alle porte….Non è il giorno adatto ma comunque: Auguri!!!Rinasceremo dalle nostre ceneri, perché ceneri non siamo, la Storia da quando siamo nati ci ha consegnato l’ingrato compito di essere profeti che rinascono ogni volta grazie alle loro sconfitte!!
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