A Sarajevo sbocciano ancora i fiori

A Sarejevo, chi soffra d’insonnia può sentire strani suoni nella notte cittadina. Pesantemente e con sicurezza batte l’ora della cattedrale cattolica: le due dopo mezza notte. Passa più di un minuto (esattamente setantacinque secondi dopo, li ho contati) ed ecco che si fa vivo, con suono più flebile, ma più penetrante, l’orologio della chiesa ortodossa,e anch’esso batte le due. Poco dopo, con voce sorda, lontane, il minareto della moschea imperiale batte le undici: ore arcane, alla turca, secondo strani calcoli di terre lontane, di parti straniere del mondo. Gli ebrei non hanno un orologio proprio che batte le ore, e solo Dio sa qual è in questo momento la loro ora, secondo calcoli sefarditi o ashkenaziti. Così, anche di notte, mentre tutto dorme, nella conta di ore deserte d’un tempo silenzioso, è vigile la diversità di questa gente addormentata, che da sveglia gioisce e patisce, bancehetta e digiuna secondo quattro desideri e preghiere diversi in quattro lingue liturgiche diverse. E questa differenza, ora evidente e aperta, ora nascosta e subdola, è sempre simile all’odio, spesso del tutto identico ad esso.

tratto da Infiniti Balcani di Fernando Gentilini

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