Macron, il fascismo e la post-verità

di Arnaldo Casali

“L’Italia era un Paese fascista. È cosa nota che durante il ventennio gli africani venissero trattati alla stregua di animali, pertanto è giusto che i neri di oggi si prendano ciò che spetta loro legittimamente”.

Così si apre la notizia-shock riportata dal blog Devinformarti e ripresa subito da centinaia di persone su facebook e altri social.

“Queste  – continua l’articolo – sono state le controverse dichiarazioni espresse stamane dal Presidente francese Emmanuel Macron, in risposta alle pesanti accuse mosse dai media italiani relativamente alla durezza con la quale il governo d’oltralpe respinge i profughi africani intenti ad attraversare il confine. Il premier francese, nello specifico, è stato accusato a più riprese di aver addossato agli italiani tutta la responsabilità per la cattiva gestione dei flussi migratori provenienti dai Paesi africani e dal Medio Oriente. Pare infatti che Macron abbia riferito ad alcune testate giornalistiche francesi: “La Francia, come tutti noi sappiamo, è stata una delle principali potenze coloniali dei secoli scorsi. Grazie alla nostra gente, popolazioni come gli algerini ed i congolesi hanno raggiunto un discreto livello di civilizzazione, senza contare le migliaia di famiglie provenienti da quelle nazioni di cui la Francia si è fatta carico. Abbiamo accolto milioni di immigrati, ma è ora di darci un taglio e passare la patata bollente ai nostri cugini fascisti e xenofobi. La Germania, solo per citare un esempio, ha pagato e paga tuttora per gli errori commessi durante la seconda guerra mondiale. Lo stesso non si può dire per gli  italiani che vengono erroneamente definiti come il popolo più solare ed accogliente del pianeta. Non riesco proprio a comprendere questa differenza di trattamento: perché i tedeschi devono sobbarcarsi ancora oggi una responsabilità del genere, mentre i nostri vicini diversamente bianchi possono permettersi di protestare solo perché salvaguardiamo gli interessi del popolo francese? Come Presidente del Paese più bello del mondo, continuerò a preservare la mia gente, scacciando ogni extracomunitario che si appresterà a mettere piede in Francia. Tutti i migranti espulsi dal nostro Paese verranno come di consueto trasferiti in Italia e lì dovranno restare. È ora di responsabilizzare un minimo coloro che per i profughi non hanno mai fatto nulla”. Si attendono ulteriori sviluppi della vicenda”.

Ovviamente, ad accompagnare l’articolo sui social ci sono invettive e insulti contro il presidente francese. E quando fai notare – a chi ha condiviso indignato l’articolo in questione –  che la notizia non viene da un organo di informazione ma da un blog palesemente fasullo, che il post è accreditato a tale Mubu Bumbala, responsabile di altri blog di fake news come Forse24, Info5s24h e forsenews24h, e che – ovviamente – la notizia non trova alcun riscontro nei mezzi di comunicazione, sai come ti rispondono? Che non gli interessa sapere se la notizia è vera o falsa, perché tanto comunque Macron “gli sta sul cazzo” e quelle dichiarazioni sono “verosimili”.

E’ quello che Ermes Maiolica chiama il “pregiudizio di conferma” ed è l’elemento su cui si basa il sistema delle bufale: non importa se una notizia sia vera, l’importante è che confermi i pregiudizi di chi la legge. Altrettanto inutile è cercare di mettere in guardia chi continua a riversare una valanga di insulti nei commenti al post. Presumibilmente scrivono senza nemmeno leggere quello che scrivono agli altri: devono solo sfogare la propria rabbia.

Il fatto che non solo bimbominkia semianalfabeti, ma anche stimati professionisti difendano questo sistema, però, è davvero inquietante. La legittimazione della post-verità, se portata all’estremo, può avere conseguenze devastanti.

Immaginiamo un mondo in cui la verità non è più un valore assoluto ma relativo: un medico può operare un paziente in base ai sintomi, senza fare la diagnosi, perché non è importante che tu sia malato, l’importante è che la tua malattia sia “verosimile” e che abbia voglia di essere operato. Un giudice potrebbe condannare un poco di buono anche se è innocente, perché comunque – che il reato l’abbia commesso lui – è verosimile e quel poco di buono, al giudice, gli sta proprio sul cazzo. E perché scannarsi tanto su un rigore dato o non dato? L’importante non è che il rigore ci fosse o meno, ma che sia verosimile!

Non è uno scenario così lontano: in campo sanitario e in quello politico sta già accadendo: pensate ai vaccini, al glutine, alle ultime elezioni, dove la gente non ha votato chi diceva la verità, ma chi cavalcava i propri pregiudizi.

Qualsiasi legge che tenti di arginare le fake news è destinata a fallire, perché solo lo spirito critico, l’intelligenza, un minimo di rigore in quello che si legge e che si condivide, possono combattere questo fenomeno. Ma se c’è chi lo difende apertamente e consapevolmente, rivendicando il diritto di essere preso in giro e di divulgare notizie false, allora è una guerra già persa.

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